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Assistente sociale accoltellata in una casa famiglia di Roma
Una giovane assistente sociale è stata accoltellata mentre tentava di sventare un suicidio. È ancora alto il rischio di violenza per i professionisti dell’aiuto.
La dinamica
Ha 25 anni la giovane assistente sociale che, domenica 14 maggio, è stata accoltellata in una casa famiglia della Fondazione “Protettorato di San Giuseppe” di Roma. La professionista – volontaria – è stata ferita con diverse coltellate da un ragazzo che, in quel momento, stava tentando il suicidio.
L’assistente sociale è stata colpita in modo grave al volto, alla pancia e alla spalla con lo stesso coltello con il quale l’aggressore stava provando a togliersi la vita. È stato l’intervento degli altri operatori ad evitare il peggio. La giovane è stata trasportata d’urgenza in ospedale per essere operata: migliorate le sue condizioni, non è in pericolo di vita.
<<Sarebbe altrettanto necessario implementare la presenza di personale organico, con annessa sicurezza>>
L’accoglienza in struttura
Il ragazzo, ventenne, è stato accolto dalla struttura poiché versa in una situazione di forte disagio sociale ed è affetto da alcuni disturbi psichici. La direttrice della Fondazione ha dichiarato di non volerlo assolutamente criminalizzare. Al contrario, dopo l’iter giudiziario che questo dovrà affrontare, è pronta ad accoglierlo nuovamente: «Non abbiamo mai lasciato nessuno da solo», ha affermato.
Ennesimo episodio di violenza
Si tratta dell’ennesimo episodio di violenza ai danni di un’assistente sociale. La sicurezza sul luogo di lavoro, così come il rischio che si verifichino continue aggressioni, è un argomento di cui si parla spesso e che interessa circa il 20% degli operatori sociosanitari. Ma a cosa ci si riferisce, nello specifico, quando si parla di “violenza”?
L’agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro sostiene che vi siano comportamenti violenti allorquando, durante lo svolgimento della propria attività, si subiscono insulti, minacce e comportamenti psicofisici aggressivi. Per ciò che concerne l’ambito del Servizio Sociale possiamo dunque affermare che, almeno una volta nella vita, un professionista si è purtroppo ritrovato ad affrontare episodi del genere.
Un dato significativo, talvolta eclatante, che ha indotto la suddetta Agenzia a proporre delle Linee Guida generiche da mettere in atto in un’ottica preventiva ed efficace. Tra queste riscontriamo la presenza di: interventi informativi e di sensibilizzazione rispetto all’argomento; distribuzione di dispositivi di protezione per ciascun professionista; formazione specifica per questi ultimi e forme di supporto per le vittime delle aggressioni.
Lavoro a rischio
Gli assistenti sociali rientrano nella categoria dei lavoratori più a rischio. Gli stessi, nel corso del tempo, hanno dovuto svolgere il loro lavoro in ambienti restii e colmi di pregiudizi: basti pensare che, fino a poco fa, questi ultimi erano considerati dei meri “ladri di bambini”, nemici da evitare.
In Italia, negli ultimi anni, sono stati effettuali in merito vari convegni e approfondimenti. Ciò sta a significare una presa di coscienza non indifferente, complici anche i vari episodi di cronaca che si verificano periodicamente. Il rischio, tuttavia, è quello di pensare all’argomento solo in un’ottica formativa, senza un riscontro pratico.
L’obiettivo, facendo sempre riferimento a quanto affermato in precedenza, dovrebbe sì essere quello di formare gli operatori sociali nella gestione di eventi violenti – che di solito seguono un’escalation ben precisa – e prevenire gli stessi andando a ridurre tutti gli elementi che possono creare delle condizioni di rischio, ma sarebbe altrettanto necessario implementare la presenza di personale organico, con annessa sicurezza. A tal proposito potrebbe essere utile ispirarsi ai principi enunciati nel vademecum discusso e approvato dal sottogruppo del “Tavolo del Patto della Professione” contenente le “Indicazioni e strumenti per prevenire e affrontare il rischio di violenza nei confronti dei professionisti dell’aiuto”.
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