La cultura dell’accoglienza dei ragazzi “out of home”
Affidamento familiare: le azioni possibili per sensibilizzare, informare e formare le famiglie alla cultura dell’accoglienza.
I ragazzi “out of home”
Gli affidamenti familiari realizzati nel nostro Paese sono numericamente inferiori ad altri Paesi della Comunità Europea; questo non si verifica perché in Italia meno bambini hanno bisogno di essere accolti in famiglie affidatarie, bensì perché nella Penisola è basso il numero di famiglie che si rendono disponibili all’accoglienza dei minori.
<<Solo lo sforzo comune di tutti permetterà di sensibilizzare la società civile ad una cultura dell’accoglienza>>
Il “lento declino dell’affido”
Dai dati acquisiti dall’indagine campionaria svolta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali[1] emerge che i bambini e ragazzi che vivono fuori famiglia, ovvero collocati in affidamento familiare, risultano essere, a fine 2019, pari a 13.555 casi per un tasso sulla popolazione minorile di riferimento del 2,7 per mille. Il dato non conteggia i Minori Stranieri Non Accompagnati.
Se i minori dai 0-17 anni collocati in affidamento familiare a singoli, famiglie o parenti per almeno 5 notti a settimana sono circa 13.555, i minori della stessa età collocati presso strutture residenziali per minorenni sono 14.000, al netto dei minori stranieri non accompagnati. Il dato relativo all’inserimento in strutture residenziali appare pertanto in crescita.
I dati esposti permettono di collegarci a ciò che esprime la dott.ssa Paola Ricchiardi. Essa afferma che oggi si potrebbe parlare di un “lento declino dell’affido”. Anche se la legge che garantisce il collocamento del minore in affidamento familiare è in vigore da circa 40 anni, sembra che i trend recenti dimostrino che esso non è lo strumento prevalente utilizzato per la tutela dei minori che vivono forme di maltrattamento intra-familiare. Il calo degli affidamenti non può dirsi, infatti, relativo ad una minore incidenza del disagio: i dati relativi all’indagine nazionale sul maltrattamento e abbandono dei minori ci mostrano infatti che, dal 2013 al 2018, c’è un incremento del maltrattamento che passa dal 14,40% al 15,90%. Gli affidi diminuiscono non perché ci sono, sul territorio nazionale, meno minori maltrattati ma perché vi è un’incapacità del sistema.
Le criticità dell’affido
In Italia, oggi, le criticità dell’affidamento familiare possono essere così riassunte:
• è prevalentemente utilizzato come uno strumento tardo- ripartivo; interviene quando la permanenza del minore nella famiglia di origine ha già creato per lui pregiudizi per una crescita armonica;
• è prevalentemente coatto (sono giurisdizionali 4 affidi su 5), ovvero è imposto alla famiglia di origine che, pertanto, risulta essere poco collaborativa con i servizi e poco propensa a partecipare al percorso di affidamento e a supportare il minore;
• è sostenuto in modo incerto, dopo l’affido il sostegno alle famiglie viene a mancare;
• è prevalentemente di lunga durata, nel 60,7% dei casi dura più di due anni mentre nel 39,1% dei casi dura più di 4 anni;
• solo 1 bambino su 3 ritorna in famiglia di origine dopo l’allontanamento.
Le Linee di Indirizzo per l’Affidamento Familiare
Le Linee di Indirizzo per l’Affidamento Familiare sono state approvate dalla Conferenza unificata Governo-Regioni-Province Autonome il 25 ottobre 2012. Esse si inseriscono nel Progetto Nazionale “Un percorso nell’affido”, attivato nel 2008 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con il Coordinamento Nazionale Servizi Affido, il Dipartimento per le Politiche della Famiglia, la Conferenza delle Regioni e Province Autonome, l’UPI, l’ANCI e il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza.
L’obiettivo della pubblicazione del documento è stato quello di prevedere un atto che, raccogliendo i saperi e le esperienze dei territori, dia indicazioni unitarie che permettano di qualificare l’importante istituto dell’affidamento familiare su tutto il territorio nazionale. Le Linee Guida non si sostituiscono, però, alle leggi regionali che regolamentano l’affido sui diversi territori, bensì offrono un quadro di riferimento complessivo rispetto ai principi, ai contenuti e alle metodologie di attuazione organizzate nella forma delle “raccomandazioni”.[2]
Promuovere ed informare
Nella raccomandazione 310 e seguenti vi sono le azioni di contesto, volte alla promozione e all’informazione sul tema dell’affidamento familiare. Promozione e informazione si pongono in rapporto di fine a mezzo: una buona informazione è necessaria per realizzare un’efficace promozione dell’affidamento familiare. Si raccomanda, nelle suddette, la realizzazione di un nucleo di coordinamento a livello comunale, provinciale e regionale, per favorire lo scambio di pratiche di eccellenza all’interno del territorio; in esso devono essere coinvolte le associazioni familiari e le reti di auto mutuo aiuto presenti sul territorio, al fine di assicurare la migliore sinergia tra tutte le risorse presenti a livello locale.
Promozione ed informazione rappresentano per le Regioni, Province ed Enti Locali, l’obiettivo principale per garantire un rilancio dell’affidamento familiare in Italia. La promozione dell’affido ha come obiettivo la piena realizzazione del diritto dei bambini a vivere in famiglia, attraverso la diffusione di una cultura della solidarietà familiare e di una sensibilità sociale nei confronti dei bambini e delle famiglie in difficoltà. La letteratura scientifica ci segnala che la migliore promozione dell’affido sia la testimonianza da parte di famiglie affidatarie, soddisfatte della loro esperienza.[3] La testimonianza diretta di altre famiglie affidatarie, di famiglie affidanti, di giovani che sono stati in affido, preparata con cura e senza nascondere le difficoltà, è un veicolo fondamentale per la promozione dell’affido. L’attività di promozione e sensibilizzazione deve essere permanente e non episodica, diversificata in base al target di riferimento.
L’informazione sull’affidamento familiare ha invece come obiettivi l’orientamento e l’ampliamento della consapevolezza e della conoscenza di cosa sia davvero l’affidamento familiare, in cosa si distingua dall’adozione e come funzioni.
I cinque passi per promuovere l’affidamento familiare
Secondo quanto emerge dal Sussidiario del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali “l’affidamento non comincia nel momento in cui avviene l’abbinamento tra il bambino e un nucleo accogliente, ma comprende una serie di azioni preliminari per la diffusione della sensibilità alla co-genitorialità e al supporto tra le famiglie nella comunità. Solo un’attività di promozione costante e capillare permette infatti la raccolta di disponibilità all’accoglienza da parte di un certo numero di famiglie o di singoli”4.
La promozione dell’affidamento familiare può essere riassumibili in “5 passi”:
· diversificazione delle proposte: essa serve per comprendere quanto impegno si propone alle persone ed alle famiglie che si vogliono rendere disponibili all’affidamento. La diversificazione implica una semplificazione ed una personalizzazione delle offerte: la prima riguarda la necessità di proporre attività leggere, di facile realizzazione; la seconda riguarda la capacità di saper intrecciare le proposte con i loro impegni personali. L’impegno light potrebbe poi, con un accordo con la famiglia, aumentare, coinvolgendo i genitori in azioni ulteriori.
· Comunicare: la comunicazione, secondo quanto emerge dalle Linee di Indirizzo Nazionali, passa per due attività; informare e promuovere. La prima deve favorire, raccontare e suscitare il fabbisogno di accoglienza, mentre la seconda mira al coinvolgimento di altre famiglie nel circuito di quelle affidatarie.
· Far incontrare: le relazioni devono essere messe al centro di ogni intervento sociale, specie se si tratti di interventi di affidamento familiare. Promuovere e favorire le relazioni è compito primario di ogni operatore sociale: l’essere umano è intrinsecamente sociale e si plasma attraverso le esperienze condivise con altri esseri umani.
· Aggregare ed organizzare le famiglie: questi ultimi due passi prevedono la formazione, sia iniziale che permanente, delle famiglie che vogliono realizzare un affidamento familiare. I percorsi di formazione non sono finalizzati a “trasferire informazioni”, bensì a suscitare domande, rendere riflessivi e creare connessioni con gli operatori, con le altre famiglie aspiranti affidatarie e con le famiglie già attive in un affidamento che possono porsi come tutor.
Questi cinque passi, volti a offrire agli operatori sociali un set di indicazioni metodologiche, puntano a favorire la progettazione e l’attuazione di efficaci strategie e azioni di ricerca di persone e famiglie disponibili a impegnarsi in esperienze di solidarietà e di affidamento familiare.
Conclusioni
La promozione dell’affidamento familiare e la realizzazione dello stesso a livello nazionale può rendersi possibile solo tramite l’interesse verso l’istituto da parte dei vari attori istituzionali, aventi ognuno il proprio ruolo e proprie specifiche funzioni. La regolamentazione organica della materia da parte dei diversi attori, insieme ad un quadro di riferimento unitario per tutti i territori, risulta fondamentale per assicurare condizioni necessarie, sia dal punto di vista della responsabilità che dell’organizzazione e delle risorse, per un omogeneo operato dei servizi sul territorio, facilitando così il rapporto tra servizi ed istituzioni. Solo un’adeguata programmazione legislativa, orientata alla cura, tutela e protezione dei bambini, unita alla presenza di operatori che possano dedicarsi con continuità alla promozione dell’affidamento familiare può rendere esigibile, in concreto, il diritto del minore ad avere una famiglia.
Investire sull’affidamento familiare significa dedicare diversi momenti alla cura delle famiglie affidatarie, affinché possano continuare a rendersi disponibili nel loro ruolo e possano essere validi testimonial dell’affido. L’affidamento familiare, infatti, può realizzarsi se vi sono famiglie disposte ad accogliere i minori che devono essere allontanati dalla propria famiglia di origine, per garantire a quest’ultima di focalizzarsi sulla risoluzione dei problemi interni al nucleo e consentire un ritorno del minore nel suo ambiente di vita. Reperire famiglie disponibili all’affidamento è una delle maggiori problematiche che incide sull’istituto dell’affidamento familiare nel nostro Paese.
La promozione dell’affido si può e si deve compiere. Le iniziative realizzate nelle diverse realtà territoriali ci permettono di affermare che le variabili che incidono sulla possibilità di realizzare percorsi di promozione efficaci siano la motivazione, la competenza tecnica e la capacità relazionale dei professionisti e volontari coinvolti. È necessario, per ottenere i risultati sperati, mobilitare le sensibilità e le disponibilità, tanto dei singoli cittadini quanto dei responsabili delle organizzazioni no-profit e delle istituzioni pubbliche. Solo lo sforzo comune di tutti permetterà di rilanciare l’affidamento familiare in Italia e sensibilizzare la società civile ad una cultura dell’accoglienza.
[1] Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, Quaderni della Ricerca sociale n.49, Bambini e ragazzi in affidamento familiare e nei servizi residenziali per minorenni, Esiti della rilevazione coordinata dei dati in possesso delle Regioni e delle Provincie Autonome, Istituto degli Innocenti, Firenze. I dati collezionati si riferiscono alla data del 31/12/2019 per gli accolti ed all’intero 2019 per i dimessi
[2] Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (2012), Linee di indirizzo per l’affidamento familiare, p. 4.
[3] Ranieri M.L. (2014), Linee guida e procedure di servizio sociale. Manuale ragionato per lo studio e la consultazione, Seconda edizione, Erikson, Trento, p. 314.