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Le patologie delle cure: come l’Assistente Sociale può intervenire
Diverse forme di abuso: scarsa, distorta o eccessiva attenzione alla cura.
Una diversa forma di abuso
Incuria, discuria ed ipercura sono le tre principali forme di patologia nella somministrazione delle cure. Con tale termine si fa riferimento ad un’assenza di curaadeguata ai bisogni, fisici e psichici, del bambino in relazione alla sua età da parte dei genitori o di chi ne è legalmente responsabile. Le patologie delle cure rientrano nelle principali forme di abuso sul minorenne, insieme all’abuso sessuale, violenza assistita ed al maltrattamento, fisico o psicologico. Gli abusi creano condizioni di pregiudizio, ovvero condizioni di disagio o disadattamento che potrebbero provocare o già hanno provocato danni effettivi sulla salute psico-fisica del bambino. L’intervento dei Servizi Sociali è fondamentale per tutelare il superiore interesse del minore.
«L’Assistente Sociale si adopera per contrastare situazioni di violenza, trascuratezza, sfruttamento e oppressione nei confronti di persone di minore età»
Incuria
Nell’incuria le cure fisiche e psicologiche al bambino sono date in maniera insufficiente in relazione alla sua età ed ai suoi bisogni evolutivi[1]. Può consistere in comportamenti fisici o psicologici. [2]
L’incuria fisica è individuata nei bambini che presentano una crescita inadeguata rispetto alla loro età. Si manifesta con scarso vigore fisico, mancato rispetto del calendario per le vaccinazioni obbligatorie, scarsa igiene, abbigliamento inadeguato rispetto all’età o alla stagione.
Un segnale di incuria da parte dei genitori si ravvisa nell’incapacità di questi a fornire notizie adeguate sulla nascita del bambino, sulla sua età o sulle più importanti fasi del suo sviluppo (primi passi, inizio nell’uso del linguaggio).
Questa condizione incide negativamente sul minore e potrebbe comportare disadattamento nella vita adulta. È, quindi, importante individuare precocemente i fattori di rischio che possono far ipotizzare una situazione di incuria, al fine di prevenire la cronicizzazione dei sintomi e l’instaurarsi di gravi patologie future.
Discuria
La discuria consiste in una distorsione delle cure in relazione al momento evolutivo. I genitori tendono ad indurre nel bambino bisogni che, in relazione alla sua età, non ha, ma che sono funzionali alla visione che i genitori hanno, in maniera distorta, costruito su di esso.
Può riguardare sia attenzioni legate alla vita di relazione del bambino, sia alla somministrazione continua di farmaci in assenza di una condizione patologica.[3] Nei ragazzi adolescenti si manifesta quando i genitori richiedono prestazioni superiori alla media nella scuola, nello sport o in ogni attività che il minorenne intraprende.
Ipercura
Verso questa forma di abuso non sempre è data la giusta attenzione. Essa si manifesta quando vi è un’eccessiva attenzione alla salute fisica del bambino caratterizzata da eccessive cure rispetto all’età o ai suoi bisogni.
Esistono diverse forme di ipercura[4]:
il chemical abuse: si somministrano al bambino farmaci nella convinzione che questo ne abbia assolutamente bisogno;
il medical shopping: i genitori contattano continuamente diversi pediatri per essere rassicurati sulla salute del proprio figlio;
ASindrome da indennizzo: il bambino è costretto dai genitori a manifestare, in seguito ad un incidente, sintomi che consentiranno l’acquisizione di un indennizzo. Questi scompariranno non appena il risarcimento sarà ottenuto.
la Sindrome di Munchausen per procura: presenza false sintomatologie per le quali i genitori somministrano sostanze tossiche o alterano campioni di sangue per ingannare i medici interpellati nelle richieste. Di solito, le madri attivano questa forma di abuso soffrono di depressione o hanno subito gravi carenze infantili. I padri si mostrano passivi e poco presenti. Il minore a causa dei suoi mali si assenta spesso da scuola e non pratica attività extrascolastiche.[5]
Quali interventi?
L’articolo 28 del nuovo Codice Deontologico[6] afferma che “ l’assistente sociale si adopera per contrastare situazioni di violenza, trascuratezza, sfruttamento e oppressione nei confronti di persone di minore età”. Vi è, dunque, una responsabilità del professionista ad intervenire.
Oltre agli obblighi di segnalazione o denuncia previsti dalla legge, l’assistente sociale, di fronte ad una situazione di pregiudizio o possibile rischio per la salute psico-fisica del bambino, può attivarsi autonomamente lavorando per ottenere il consenso dei genitori nell’attivazione dell’intervento.
Più i genitori si mostrano disponibili a riflettere sui problemi causati al minorenne, maggiori saranno le possibilità di attivarsi dell’assistente sociale, senza dover ricorrere ad un intervento coatto disposto dall’Autorità Giudiziaria.[7] Tale disponibilità dei genitori deve essere valutata dal professionista nella fase iniziale del percorso d’aiuto, ovvero nella fase dell’assessment della motivazione.[8]
Più che attivarsi in interventi riparativi, gli assistenti sociali dovrebbero lavorare per prevenire tutte le forme di pregiudizio. Conoscere i fattori di rischio rappresenta il punto di partenza nell’ottica preventiva.
Quando si ritiene di aver individuato uno o più “campanelli d’allarme” sarebbe necessario attivare un’équipe ed approfondire la situazione del bambino e del suo nucleo familiare in ottica multiprofessionale.
[1] Cf. Silvia Boni , Minori e patologie delle cure, in I profili dell’abuso, Giornale scientifico, Osservatorio Nazionale Abusi Psicologici (a cura di), Firenze, 2015, p.3.
[2]Cf. Paolo Giannino e Piero Avallone, L’abuso e l’incuria verso l’infanzia, Fondazione Banco di Napoli per l’assistenza all’infanzia, Napoli, 2007, p.15.
[3] Cf. Ibidem p.15.
[4] Cf. Ibidem, pp. 17-18.
[5] Cf. Silvia Boni, Silvia Boni , Minori e patologie delle cure, in I profili dell’abuso, Giornale scientifico, Osservatorio Nazionale Abusi Psicologici (a cura di), Firenze, 2015, p.6.
[6]
[7] Cf. Maria Luisa Ranieri, Linee Guida e Procedure di Servizio Sociale, Manuale aggiornato per lo studio e la consultazione, Erikcson, Trento, 2014, p. 268-269.
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