Come attivare luoghi ri-generanti
Un laboratorio per la sussidiarietà che “produce” idee, raccoglie esperienze, segnala informazioni per una comunità competente ed efficiente.
Il welfare delle responsabilità
Negli ultimi anni l’attivazione e la partecipazione sociale hanno trovato un terreno fertile di applicazione nella rigenerazione di spazi fisici da destinare a nuove attività e progetti di interesse collettivo. Alcuni degli esempi virtuosi sono raccolti in un sito di “cittadini attivi”, denominato Labsus. È un Laboratorio per la sussidiarietà che nasce dalla convinzione che le persone non siano soltanto portatrici di bisogni, ma anche di capacità che messe “in rete” possono contribuire a dare soluzioni ai problemi comuni. Una convinzione che trova certezza nei principi della nostra Costituzione e che rappresenta il nuovo modo di essere cittadini, il nuovo modo di essere comunità.
LabSus raccoglie esperienze, idee, segnala informazioni affinché le persone si mobilitino per sviluppare forme di democrazia attiva che mirano alla protezione, cura e sostenibilità di spazi “vicini” tanto da lanciare una nuova “sintomatologia sociale”, di tipo positivo, che ai fautori di LabSus piace chiamare “Sindrome YMBY: Yes, In My Back Yard”! (cioè, letteralmente, “Sì, nel mio giardino”, in contrapposizione all’egoistico “NYMBY – NOT In My Back Yard!)
«un Laboratorio per la sussidiarietà, che nasce dalla convinzione che le persone siano portatrici di capacità che messe “in rete” possono contribuire a dare soluzioni ai problemi comuni»
Spazi culturali: da luoghi rigenerati a luoghi rigeneranti
Tra le varie opportunità nella “vetrina” di LabSus troviamo il bando Culturability, promosso dalla Fondazione Unipolis che dal 2013 sostiene le nuove organizzazioni culturali e creative allo scopo di far nascere “spazi” di aggregazione. Nel 2020 è tornato in una veste nuova, ha rimodulato il target di destinazione individuato nei centri culturali già attivi da almeno due anni «luoghi in cui si sviluppano processi di innovazione culturale con un impatto sociale e civico e si sperimentano nuove logiche di ingaggio e collaborazione con le comunità di riferimento spostando cosi l’oggetto da luoghi rigenerati a luoghi rigeneranti».[1]
Rigeneranti di cosa?
La profonda crisi che sta attraversando il nostro Paese, in cui il distanziamento fisico è stato, purtroppo, accompagnato in molti casi da sentimenti di “paura dell’altro”, ci pone di fronte ad una nuova sfida: ricucire lo strappo relazionale tra quello che è diventato il “prima” e quello che è il “dopo”. Il programma della Fondazione Unipolis propone di partire dal concetto di cultura e dal “ri-uso” di spazi simbolico-evocativi di senso di appartenenza ad una collettività.
Il punto di arrivo, in costante evoluzione, sarà quello di ri-generare legami significativi che rispolverano il desiderio di essere “connessi” con gli altri, attraverso processi di attivazione e coesione che coinvolgono tutti gli attori sociali, anche quelle aggregazioni di prossimità il cui coinvolgimento sociale è andato ad affievolirsi nel tempo.
Assistenti sociali: attivatori di “luoghi”
Se l’interesse è quello di promuovere luoghi rigeneranti di legami significativi, l’Assistente Sociale ha facoltà o il dovere di attivarsi in tale direzione? Il dettato costituzionale e il Codice Deontologico delineano in maniera chiara il ruolo prezioso affidato all’Assistente Sociale, quello cioè di promozione di percorsi tipici di un sistema di welfare generativo che mira ad una comunità competente e ad uno stato di compensazionebio-psicosociale degli individui.
Un ruolo di tutto rispetto che richiede spinte innovative e motivazionali di veri e propri attivatori di “luoghi” in cui confluiscono le risorse residue di ciascuno. Agire in quest’ottica significa non limitarsi ad azioni personalizzate a vantaggio del singolo, ma investire nella capacità delle persone di partecipare alla produzione del capitale sociale.
La formula “segreta” del capitale sociale
La capacità di generare capitale sociale trova il fondamento nell’attitudine degli individui, che abitano un contesto, di accrescerne il patrimonio sociale e culturale attraverso processi di coesione relazionale generativi di benessere. Gli ingredienti sono «la fiducia, le norme di reciprocità e le reti di impegno civico che possono aumentare l’efficienza della società».[2]
Secondo Putnam sono le reti di tipo orizzontale che mettono in contatto gli individui tra loro in una relazione simmetrica e tale condizione favorisce sentimenti di fiducia generalizzata e di cooperazione. È il lavoro sociale che accompagna (o dovrebbe accompagnare) le persone a valorizzare le reti presenti o a costruirne di nuove, “luoghi” il cui tessuto relazionale custodisce il vero patrimonio di una comunità.
[1]www.culturability.org
[2]Putnam, 1993.