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Maltrattamento minorile e Tutori di resilienza: I can, I am, I have
CESVI: indicatore di contesto sul maltrattamento infantile. Tutori di resilienza: RiRes, metodologia partecipativa, resilience-oriented.
Un indicatore di contesto
Dal mese di settembre è online, sul sito CESVI, l’indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia. Contrariamente a quanto si possa pensare non parliamo di un indicatore statistico della distribuzione del fenomeno, non vuole darci un’idea di quanto, come e dove i minori vengono maltrattati. È un indicatore che misura il “contesto” nel quale i bambini e gli adolescenti crescono. Se è un contesto che può favorire o esasperare le circostanze che portano a situazioni di trascuratezza, di maltrattamento e, a volte, purtroppo, a forme gravissime di abuso.
«Per aggredire un problema bisogna conoscerlo e monitorarlo nel tempo»
Uno strumento di conoscenza
«Per aggredire un problema bisogna conoscerlo e monitorarlo nel tempo», lo sottolinea in una intervista Gloria Zavatta, Presidente CESVI. L’indice regionale di maltrattamento all’infanzia rappresenta la sintesi di sessantaquattro indicatori Istat di sei diverse capacità che ne formano la struttura portante: «capacità di cura di sé e degli altri, di vivere una vita sana, di vivere una vita sicura, di acquisire conoscenza e sapere, di lavorare, di accesso a risorse e servizi (1)».
Ciò che emerge è la fotografia del nostro Paese in cui il sud dell’Italia presenta situazioni di allarmante criticità sia per quanto riguarda i fattori di rischio, sia per l’offerta dei servizi. Restano pressoché stabili rispetto al passato i valori delle regioni del Centro-Nord, che già vantavano una situazione al di sopra della media nazionale. L’indice, quindi, vuole essere uno strumento di conoscenza affinché si possano programmare linee di intervento tese alla promozione di una comunità che sappia “restituire il futuro” alle nuove generazioni, attraverso il paradigma della resilienza.
Tutori di resilienza: il modello
Il modello Tutori di resilienza - elaborato dal centro di ricerca RiRes dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - ruota attorno alla convinzione che sia essenziale la formazione di operatori che assumano un ruolo di guida nella vita dei bambini che vivono in contesti vulnerabili; che siano in grado di sostenerne le risorse, interne ed esterne, «promuovendo in loro un processo di rinascita a fronte dei piccoli e grandi traumi a cui sono stati esposti (2)». Gli operatori – insegnanti, assistenti sociali, psicologici - e i formatori adottano una metodologia partecipativa di applicazione del modello.
L’approccio collaborativo tra le diverse professionalità permette di plasmare interventi resilience-oriented in linea ai bisogni e alle risorse del contesto a cui si riferisce. È un approccio che si sgancia dal ragionamento dualistico con cui siamo abituati a rapportarci, la causalità lineare, tipica di una cultura cartesiana viene sostituita da un metodo “sistemico”, in grado di fornire risposte integrate ai bambini che vivono, a vari gradi, situazioni di trascuratezza e maltrattamento.
Quali risorse? Il paradigma I CAN, I AM, I HAVE (Edith Grotberg)
Sono tre le categorie di risorse che un tutore di resilienza può promuovere e potenziare. Le risorse I CAN, si riferiscono alle abilità che, se valorizzate, possono restituire al bambino una immagine di sé positiva, “capace di”. Le risorse I AM, riguardano il mondo interiore del minorenne che, attraverso la ricostruzione della propria esperienza di vita ha la possibilità di riportare coerenza tra le sue emozioni e la sua storia. Le risorse I HAVE sono racchiuse nella rete di relazioni nella quale il bambino è inserito, sono quegli adulti che rappresentano modelli positivi in grado di garantire sicurezza, sostegno e protezione.
Essere tutore di resilienza vuol dire accompagnare bambini e famiglie che vivono in una situazione di fragilità a fronteggiare le difficoltà attingendo dalle proprie risorse. È un professionista flessibile, in ogni momento capace di adattare le proprie teorie alla prospettiva degli utenti, restituendo loro un ruolo di protagonista.
Essere tutori di resilienza significa, inoltre, operare una seria riflessione sulla necessità di promuovere contesti educanti integrati, spazi in cui i bambini possano sviluppare capacità, acquisire conoscenze e da cui attingere le opportunità di una comunità che intende realmente tutelare il bene più prezioso: ibambini.
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