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Accompagnare alla frontiera della vita: la nuova presa in carico del Servizio Sociale
Dignità di morire vivendo e interventi a sostegno di un accompagnamento relazionale. Capacità di prendersi cura senza dimenticare la dignità dell’altro.
Una nuova definizione
«Le cure palliative sono le cure olisticheattive di persone di tutte le età con gravi sofferenze legate alla salute dovute a gravi malattie e, in particolare, di coloro che si avvicinano alla fine della vita. Mirano a migliorare la qualità della vita dei pazienti, delle loro famiglie e dei loro caregiver»[1]. Si tratta della definizione di “cure palliative” recentemente proposta dall’International Association for Hospice and Palliative Care (IAHPC). Frutto di un progetto multi-disciplinare, che coinvolge 88 Paesi, si propone l’obiettivo di garantire l’accesso precoce alle cure palliative e di superare gli «ostacoli legati ad una mancanza di consenso circa il quando, il come e da chi devono essere offerte»[2].
«In questo spazio-tempo del curare e del morire vi è un bisogno straordinario di riconoscimento e riconoscenza umana»
Una comunità professionale che cresce
In Italia la Legge 38 del 15 marzo 2010, una delle prime in Europa, rappresenta il quadro di riferimento normativo entro cui si delineano i diritti dei cittadini all’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA). La normativa propone l’implementazione dell’integrazione fra ospedale e territorio rendendo le cure erogabili in diversi setting (ospedale, hospice, domicilio).
L’organizzazione di Reti di cure palliative – di cui si è data una definizione puntuale nell’Intesa della Conferenza Stato-Regioni del 25 luglio 2012 - passa attraverso un sistema di requisiti minimi per l’accreditamento dei nodi della fitta rete di professionisti e strutture che ne fanno parte.
All’art. 5, comma 2, della Legge 38/2010 sono individuate le figure professionali della presa in carico: medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali nonché alle altre figure professionali ritenute essenziali. [3] É un “invito” normativo al quale non si è sottratta la comunità professionale degli assistenti sociali.
In collaborazione con la Società Italiana Cure Palliative (SICP) è stato realizzato il “core curriculum”, uno strumento che, oltre a rappresentare una importante tappa di maturazione professionale, si sostanzia in un documento che mappa le competenze, le abilità, i comportamenti che garantiscono interventi adeguanti ed uniformi.
Un altro importante traguardo è segnato dalla stesura, nel 2018, del documento “Suggerimenti operativi per l'Assistente Sociale in Cure Palliative” a cura della Commissione Assistenti Sociali, in collaborazione con la SICP. Il documento rappresenta un supporto pratico agli Assistenti Sociali coinvolti nei percorsi di cure palliative. L’auspicio è che tale documento possa essere sottoposto ai professionisti già dagli studi universitari come strumento per creare una metodologia di intervento appropriata e uniforme.
La strada della complementarietà
L’obiettivo delle cure palliative è quello di un approccio globale ai bisogni di persone affette da malattia inguaribile per mezzo dell’identificazione puntuale del trattamento del dolore e di tutti i bisogni connessi alla sfera fisica, psichica, sociale e spirituale del malato e della sua famiglia. È un “accompagnamento” nell’ultimo tratto di quel viaggio che si chiama vita.
È innegabile si tratti di un accompagnamento faticoso, la cui complessità rende indispensabile l’intervento di differenti approcci. Se le professioni sanitarie intervengono per lenire i sintomi della malattia (curing), l’assistente sociale ha il compito di comprendere i desideri del malato, valutare le risorse dell’ambiente e promuovere processi di autodeterminazione (caring). Non si tratta di interventi contrastanti, bensì complementari.
Accompagnare alle frontiere della vita
Avvicinarsi a persone che sono nell’ultima fase della loro vita non può essere rimandato esclusivamente a indicazioni normative e a strategie metodologiche, per quanto indispensabili. La presa in carico del professionista del Servizio Sociale è un “accompagnamento relazionale” in una dimensione valoriale condivisa.
Lo sottolineano Ugo Albano e Nicola Martinelli nel libro di recente pubblicazione “Accompagnare alle frontiere della vita”, un testo che si propone come contributo alle professioni di aiuto che si interfacciano con la sofferenza della terminalità e con scelte che richiamano a valori e principi dell’agire professionale come espressione dell’Essere.
«In questo spazio-tempo del curare e del morire vi è un bisogno straordinario di riconoscimento e riconoscenza umana» [4]. La capacità di restituire un senso alla propria esistenza nelle ultime fasi della vita spesso passa attraverso il bisogno di narrarsi.
L’Assistente Sociale deve avere la capacità empatica di accogliere, sospendendo ogni giudizio morale, la storia della vita delle persone conferendo loro il ruolo di protagonista che, autodeterminandosi, esprime le sue priorità secondo il proprio concetto di dignità.
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