“Vorrei essere stata una bambina”, la testimonianza di Jessica Gialdisi

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“Vorrei essere stata una bambina”, la testimonianza di Jessica Gialdisi

“Cuori pronti ad amare e braccia pronte ad accogliere”: l’intervento di Jessica Gialdisi all’evento organizzato dall’associazione Papa Giovanni XXIII di Torino per sensibilizzare all’affido familiare.

Promuovere l’affido

Nel mese di marzo è stato organizzato – dall’associazione Papa Giovanni XXIII di Torino – un prezioso incontro con Jessica Gialdisi, mamma affidataria e autrice del libro “Vorrei essere stata bambina”, per promuovere l’affido familiare e supportare le famiglie nel percorso di accoglienza. Questo evento serale, presentato da Alessia Rossato, per poter fare ciò ha optato per la scrittura autobiografica. Per l'occasione, Jessica Gialdisi si è soffermata sull’importanza dell’affido e su quanto questo sia una risorsa che permette ai bambini di poter essere tali e di avere alle spalle un "porto sicuro".  

“Donare non toglie, regala. Condividere non limita, espande. L’amore non divide, moltiplica”

Un bisogno di amore del tutto lecito

«Come ho scritto nel mio libro – ha affermato l’autrice –, ho avuto un’infanzia molto difficile. Sono cresciuta senza la presenza di due genitori equilibrati, in quanto entrambi avevano varie difficoltà e dipendenze. Ho vissuto sulla mia pelle l’esperienza di un affido intra-familiare: sono stata prevalentemente con i miei nonni paterni, che ad oggi ritengo miei angeli custodi». L’obiettivo del suo racconto è quello di avvicinare le persone all’affido familiare e, soprattutto, aiutare i bambini e i ragazzi coinvolti  a convivere – e talvolta superare – con delle etichette che non hanno scelto.

I due eventi che hanno caratterizzato la storia di Jessica sono stati senza dubbio l’abbandono e la mancanza d'amore da parte dei suoi genitori; un amore libero, senza la paura di poterlo perdere da un momento all’altro. Un amore che, da adulta, l’autrice ha imparato poi a comprendere: ha iniziato a capire che quello era il massimo che potevano darle e lo ha accettato. Al contempo, Jessica ha affermato di aver trovato sostegno nei suoi nonni, così come nelle sue insegnanti, che sono riuscite a farle comprendere che lei era ed è importante e che il suo bisogno di amore era del tutto lecito. È stato allora che l’autrice ha compreso di voler trasformare quel dolore in uno strumento che le permettesse di aiutare altri bambini che versavano in una condizione uguale o analoga alla sua.

Braccia che si aprono e accolgono

«Ho iniziato quest'esperienza – ha proseguito Jessica – insieme a mio marito, nel 2018. Eravamo entrambi molto giovani e questo ci ha aiutati a non chiederci se fossimo stati pronti per un incarico così grande. Non ci siamo soffermati sulle difficoltà, siamo partiti senza pregiudizi. Abbiamo, in questo modo, dato il via anche alla nostra crescita, sia individuale che di coppia, in quanto questo percorso ci ha insegnato a dialogare, a confrontarci, a fare squadra. L’affido ci ha permesso di sperimentare un amore incondizionato».

Jessica e suo marito hanno una figlia di 9 anni e un bebè in arrivo. Spesso è stato chiesto loro se essere anche genitori affidatari significasse togliere del tempo ai loro bimbi. A tal proposito, l'autrice ha risposto che avere dei bambini in affido non significa “togliere”, bensì “aggiungere”, poiché l’amore si moltiplica, si espande: «Si tratta di un valore aggiunto — ha affermato fieramente — che permette ai propri figli di imparare il valore della condivisione e vedere la forza di braccia che si “aprono” e non si “chiudono". Essere rivolti agli altri è la cosa più bella e ricca in assoluto».

Jessica ha ribadito l’importanza di condividere, sottolineando che la forza del gruppo è immensa e che chi decide di accogliere sa che questo sarà un motivo di crescita e di amore.

Il timore del bivio

Secondo Jessica, l’affido permette di accompagnare i bambini dinanzi ad un bivio inevitabile, quello che induce a chiedersi "Chi sono? Dove voglio andare?", fornendo loro tutti gli strumenti necessari per sviluppare la consapevolezza di avere ciascuno un proprio posto nel mondo: «Personalmente, ho imparato a far tesoro di quel dolore — continua il suo racconto —. A quel bivio ho scelto di percorrere una strada diversa da quella intrapresa da bambina. Da affidataria, voglio essere quel faro che illumina la vita di questi bambini quando attorno a loro c’è tanto buio. Per farlo è importante avere un atteggiamento non giudicante e accettare il loro passato, difficoltà e abusi compresi. Inoltre, è altrettanto necessario accettare che sarà un continuo cammino di “arrivi e partenze”, di “sali e scendi”».

Jessica, durante l’evento, paragona la figura dell’affidatario a quella di un agricoltore: quest’ultimo ha cura e amore per la sua semina, pur non potendo prevedere come andrà il raccolto, se ci saranno piogge o meno, se arriverà qualche batterio che non permetterà di avere frutti e così via. Allo stesso modo, consiglia a coloro che hanno intrapreso questo viaggio o che stanno per farlo, di partire senza aspettative: «Bisogna mettersi nel trattore con tutti i semi possibili e iniziare, sostituendo le aspettative con il coraggio poiché arriveranno momenti non previsti, che devono essere letti in una chiave di crescita, per il bene dei bambini. Anche se ci sono numerose variabili, l’affido non è un’esperienza che svuota, bensì riempie: i ragazzi accolti non hanno solo da chiedere, sono anche pronti a dare tanto in forme e modi diversi».

Cuori pronti ad amare

«Portare a casa i dolori altrui, le storie di bambini fragili e compromessi – prosegue Jessica – può far paura, ma è al contempo una grande risorsa che permette di regalare ai bambini un’opportunità meravigliosa: la voglia di amare la vita».

Dall’esperienza dell’autrice si evince che i timori che frenano maggiormente le persone sono la poca conoscenza dell’affido e i pregiudizi legati alla temporaneità: il pensiero di avere una “scadenza” e di dover poi salutare il bambino o il ragazzo che si accoglie spaventa e blocca l’inizio di un meraviglioso viaggio: «Eppure – afferma Jessica –, i ragazzi che hanno bisogno di un cuore pronto ad amare e di braccia pronte ad accogliere sono veramente tanti. Dall’altra parte, ci sono altrettanti adulti che hanno paura di allungare le braccia a causa della provvisorietà di tale intervento. La sfida sta proprio nel ricordarsi che non lo si fa per sé, ma per i bambini. Bisogna aver chiaro sin dal principio che il loro bene deve essere anteposto al proprio. Vivere una vita solo per se stessi non è vita e noi tutti possiamo fare la differenza. Credo nelle opportunità, nell’aiuto e nella forza della speranza».

Se desideri visionare l’intervento integrale di Jessica Gialdisi, clicca qui.

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