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Quanto è importante accogliere un minore in difficoltà? Poche ore o una giornata spesso fanno la differenza. Vi racconto la storia di Elisa (nome di fantasia) e della famiglia che l’ha accolta.
Relazioni “nutrienti”
Quest’oggi vogliamo raccontarvi la storia di un rapporto speciale, che contempla il legame tra una splendida famiglia e l’animo di colei che chiameremo Elisa, nome immaginario che utilizziamo per motivi di privacy. Un rapporto che, nella sua forma, prende il nome di “Affiancamento Familiare” e che sta decisamente contribuendo ad arricchire il bagaglio di relazioni e affetti della ragazza.
Annamaria e Gennaro sono due genitori che, con fede e amore, hanno espresso il desiderio di voler accogliere presso la propria casa bambini e adolescenti che, per vari motivi, stanno attraversando un periodo della loro vita non facile, lontani dalla loro famiglia. Ciò ha permesso alla coppia di poter vivere piccole esperienze di solidarietà pomeridiana verso alcuni bambini del loro paese, fino a quando il loro cammino si è intrecciato con quello di Elisa, una ragazza nel fiore della sua adolescenza.
«In cuor mio - mi racconta Annamaria – ho sempre custodito l’innato desiderio di accoglienza; un desiderio che si è alimentato ulteriormente quando i miei figli son cresciuti. Mio marito Gennaro ha accolto con gioia la proposta di affiancare Elisa, lanciataci dall’Associazione Progetto Famiglia. Anche se si trattava di un solo pomeriggio a settimana, i miei figli hanno fin da subito espresso le loro titubanze. Non volevo si sentissero obbligati a vivere questa esperienza, quindi ho dato loro del tempo e, pian piano, ho cercato di offrire una risposta ad ogni loro domanda, ad ogni “Perché?”. Ed è stato in modo altrettanto graduale che si son cimentati in questa nuova conoscenza».
<<Mi interessa starle accanto, nella misura che a lei serve>>
I primi passi, insieme
«I primi incontri con Elisa – continua a raccontarmi Annamaria – sono avvenuti nella Comunità educativa in cui vive da alcuni anni. Trascorrere alcuni momenti comuni con altri ragazzi, volontari ed operatori, devo ammettere che ci ha aiutato molto. Fin da subito, infatti, ho avvertito tutta la diffidenza che Elisa ha riservato alla nostra conoscenza. Era chiaro il suo sentirsi quasi “obbligata” al rapporto, alla relazione. Si è verificato, insomma, ciò che non volevo e temevo: più ci si avvicinava a lei, più indietreggiava: “Non siete voi il problema, è che non voglio conoscere altre persone”, mi disse. La sua era una sorta di “difesa psicologica”, non voleva fare un torto alla madre. Ci siamo impegnati, con l’aiuto degli educatori della Comunità e dei responsabili di Progetto Famiglia, a farle comprendere che non volevamo sostituirci alla sua famiglia ma essere per lei un “supporto in più”. Ed ha funzionato».
Giunti a questo punto il volto di Annamaria si fa serio. «Non conosco – mi dice – tutti i dettagli della storia di Elisa. Certo, gli educatori ci hanno dato le informazioni principali, per orientarci. Come donna e madre avrei voluto farle subito mille domande, comprendere le sue sofferenze, conoscere il suo animo, per abbracciarlo e sostenerlo. Per delicatezza, comprendo che occorre non chiedere nulla. Aspetto che sia lei a parlarmene, rispetto i suoi tempi. È una ragazza molto riservata, che ha vissuto il distacco dalla famiglia d’origine in modo traumatico. Custodisce, tra l’altro, la volontà di poter tornare a vivere con la madre».
Gradualità e naturalezza
Annamaria, prima di concludere, accenna ad un sorriso, mi guarda diritto negli occhi e dice: «Ad oggi, posso dire che viviamo appieno il tempo che trascorriamo insieme, senza molti programmi. Dopo i primi comprensibili timori, si è poi aperta molto di più. Certo, spero che questa esperienza di affiancamento, che ci coinvolge per un pomeriggio a settimana, possa proseguire a lungo. Inizio anche a pensare che, se in futuro ve ne sarà bisogno, potremmo anche aprirci ad accoglierla stabilmente, in un affidamento residenziale. Ma non sta a me prestabilire il futuro. Mi interessa starle accanto, nella misura che a lei serve. Per ora, con lei, mi lascio condurre dalle esigenze concrete e mi vivo, insieme a mio marito e ai miei figli, le bellissime emozioni che questa avventura ci sta donando. Non nascondo che lungo questo cammino ci sono stati momenti di scoraggiamento. Ho imparato allora a vivere bene ogni singolo momento condiviso insieme. Ricorre alla mia mente un famoso cartone, quello dei “Barbapapà”, che rimodellavano la loro forma a seconda delle esigenze, delle situazioni. “Facevano spazio” agli altri… posso dire di aver compreso appieno il messaggio, e di condividerlo completamente».
Annamaria mi saluta, dicendo a me e a se stessa: «Mi auguro di poter trasmettere ad Elisa la bellezza della vita e l’importanza del bene, nei quali credo fortemente. L’ultima volta che ci siamo incontrate, l’ho sentita molto più vicina… vedo un bel legame germogliare… sono felice e serena».
La delicatezza, non invadente, di Annamaria e della sua famiglia sta contribuendo ad alleviare i timori e le preoccupazioni di Elisa, cogliendo e rispettando gli spazi di tempo che le occorrono, affinché possa sentirsi libera di aprirsi nella misura e con il ritmo che vorrà. Una testimonianza importante che evidenzia chiaramente il valore delle relazioni familiari e della storia affettiva nella vita di ognuno di noi. Relazioni che, allargandosi con gradualità e naturalezza, possono essere fonte di ricchezza, equilibrio e benessere per tanti ragazzi e ragazze che, per disagi vari, vivono fuori dalla loro famiglia.
Se questa testimonianza ha smosso il tuo interesse verso l’Affiancamento Familiare e vuoi saperne di più o se desideri dare la tua disponibilità per donare un pomeriggio a settimana ad un ragazzo, chiamaci al numero verde 800.66.15.92 oppure clicca qui.
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