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Dimettersi in massa? Assistenti Sociali, tagli al welfare e nuovo Codice
Promuovere la qualità degli interventi. Non giustificare e segnalare condizioni inadeguate. Responsabilità sociale e tagli al welfare.
“Non accettare” significa… adoperarsi
L’art. 19 del nuovo Codice Deontologico dice che occorre non accettare condizioni di lavoro che possono deteriorare la qualità degli interventi. Cosa significa? Beh, innanzitutto che, come Assistenti Sociali, dobbiamo attivarci con un approccio preventivo e promozionale. Occorre cioè adoperarsi di modo propositivo, al fine di favorire la presenza di condizioni che permettano una qualità sufficientemente rispettosa della dignità delle persone.
In tal senso è assai utile richiamare l’art. 51, nel quale, riferendosi all’esercizio della professione in regime subordinato, è precisato che «L’Assistente Sociale contribuisce all’appropriatezza, all’efficacia e all’efficienza, all’economicità, all’equità e alla qualità degli interventi nonché al miglioramento delle politiche e delle procedure della propria organizzazione di lavoro».
«L’Assistente Sociale deve adoperarsi, indignarsi, segnalare… e dimettersi?»
“Non accettare” significa… condannare
Cosa occorre fare quando, nonostante gli sforzi, le condizioni di lavoro condizionano la qualità degli interventi, per cause indipendenti dalla volontà e dalla responsabilità dell’Assistente Sociale? Beh, sotto questo aspetto, non accettare ha innanzitutto un significato morale. Chiede cioè all’Assistente Sociale di non giustificare, non “accogliere”, condannare quelle modalità organizzative, strutturali, istituzionali, politiche… che possono rendere l’Assistenza Sociale lesiva della dignità delle persone.
“Non accettare” significa… segnalare per iscritto
Non basta però limitarsi ad un sentimento di indignazione e riprovazione delle storture. L’art. 51 del Codice Deontologico precisa anche che «l’Assistente Sociale segnala al proprio Ente di appartenenza l’eccessivo carico di lavoro, se sussiste il rischio che risulti compromesso il corretto svolgimento della professione in relazione anche alla tutela e alla salvaguardia dei diritti della persona. La segnalazione, precisa e circostanziata, è resa in forma scritta».
Significativo anche l’art. 52 del Codice, dove si sottolinea che «L’Assistente Sociale è tenuto a segnalare al proprio datore di lavoro, per iscritto e con puntuale motivazione, le condizioni o le direttive incompatibili con il corretto esercizio della professione».
“Non accettare” significa… dimettersi?
Un’ultima riflessione si presenta necessaria. Cosa bisogna fare se, dopo essersi adoperati, essersi indignati e aver segnalato le criticità, le condizioni di lavoro restano lesive della qualità degli interventi e, quindi, della dignità delle persone? A questo punto, non accettare, significherebbe non svolgere (o dimettersi da) quel tale incarico o lavoro. In astratto il discorso fila bene… ma cosa bisogna fare in tempi di crisi del welfare e di tagli alla spesa sociale? Occorre “dimettersi in massa”? La posta è molto alta e chiama in partita l’intera categoria professionale e l’annoso problema della dicotomia tra mandato deontologico-professionale e mandato dell’ente o dell’organizzazione di appartenenza.
Assistente sociale, presidente nazionale della Federazione Progetto Famiglia, Docente di Principi e Fondamenti del Servizio Sociale presso le Università “Federico II” di Napoli e “Aldo Moro” di Bari, Docente di Metodi e Tecniche del Servizio Sociale presso le Università della Calabria e dell’Aquila.
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