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Ripartire dalla pandemia: il cambiamento comunitario in chiave ecologica. Ridefinizione del welfare e del Servizio Sociale, l’adozione di nuovi interventi globali ed ecosostenibili
Eco-sostenibilità e multidimensionalità, verso nuove soluzioni globali
Risulta piuttosto evidente che la pandemia abbia acuito vecchie problematiche sociali e ne abbia generate delle nuove. I servizi sanitari e sociali di tutto il mondo sono stati investiti da uno tzunami, dimostrando di non essere nelle condizioni di rispondere con efficienza ed efficacia alle innumerevoli emultidimensionali istanze di cura della popolazione.
Il disorientamento generale e la crisi economica e produttiva costringono gli Stati ad abbandonare ogni visione nazionalistica per aprirsi a soluzioni globali e, soprattutto, ecosostenibili.
Non si può certo nascondere che l’uomo abbia avuto grandi responsabilità nello sviluppo della pandemia. L’attività estrattiva incontrollata, il disboscamento di foreste funzionale allo sfruttamento agricolo, la pesca e l’allevamento intensivi, l’industrializzazione selvaggia, condizionano l’equilibrio del sistema pianeta, riducono la sua biodiversità e facilitano la diffusione di epidemie.
«La crisi dovrebbe essere considerata come un periodo di profondo mutamento, in cui la confusione rappresenti un lavoro di ricerca e di creatività, funzionale a un nuovo e più idoneo assetto»
Un virus “anti-democratico”
Le ricadute negative sono vissute soprattutto dalle comunità vulnerabili, multiproblematiche, costrette a vivere in contesti angusti e degradati, privi di servizi essenziali, esposti alla sottoccupazione o alla disoccupazione e influenzati da una sub-cultura segregativa.
La pandemia sta esacerbando le disuguaglianze e le ingiustizie, sia sociali che ambientali, e sta alimentando un vero e proprio «razzismo ambientale», poiché il prezzo pagato dalle categorie più fragili della popolazione è sicuramente più alto1.
Un esempio eclatante viene dagli Stati Uniti d’America. Una recente ricerca pubblicata dall’APM Research Lab ha dimostrato che il virus non è poi così democratico! Gli afroamericani deceduti a causa del Covid-19 rappresentano, infatti, il 50,3 per 100.000 persone; decisamente più alto rispetto alle 20,7 per i bianchi, 22,9 per i latinoamericani e 22,7 per gli americani di origine asiatica2.
La rivoluzione economico-sociale in chiave ecologica
Da tempo ormai si auspica una rivoluzione copernicana che sviluppi la consapevolezza che l’alterazione irreversibile dell’ecosistema globale sia responsabilità di tutti, e che induca gli Stati a intraprendere l’unica alternativa possibile per impedire la distruzione del sistema Terra: l’eco-economia. Trattasi di un nuovo sistema produttivo che permetta al genere umano di vivere in maniera dignitosa, senza distruggere i sistemi naturali da cui trae le risorse e senza oltrepassare le loro capacità di assorbire gli scarti e i rifiuti dovuti alle attività produttive3
Affinché questo accada bisognerà, in primis, mettere al centro del dibattito la gente comune e i suoi bisogni per realizzare un modello economico glocale, costruito mobilitando le risorse materiali e umane del contesto, tenendo in considerazione la vocazione territoriale e coniugandole con le esigenze e le istanze di un mercato globale.
Va da sé che modificare la struttura economica di un contesto, renda superflui molti posti di lavoro e inutili molte competenze; necessiti una ridefinizione del welfare, nuovi meccanismi di redistribuzione utili non solo ad affrontare l’emergenza e a trasferire reddito, ma a mettere le persone nelle condizioni di generarlo.
Il Servizio sociale co-protagonista della svolta
La crisi dovrebbe essere considerata nel senso etimologico del termine, come un periodo di profondo mutamento in cui la confusione rappresenti un lavoro di ricerca e di creatività, funzionale a un nuovo e più idoneo assetto4.
Per quanto disequilibrante, la pandemia può consentire al Servizio sociale, che si è rivelato una professione essenziale nell’attività di fronteggiamento, di ripensare a una nuova specificità che lo veda co-protagonista del cambiamento comunitario in chiave ecologica. Le competenze, le conoscenze, le abilità specifiche degli Assistenti sociali, il ruolo ricoperto nel sistema di welfare, possono diventare indispensabili per orientare, programmare e implementare i servizi e gli interventi innovativi e utili ad affrontare i problemi strutturali delle comunità.
Ricoprire il ruolo di green social worker, come definito da Lena Dominelli, richiede una buona dose di coraggio e di flessibilità operativa per mettere in discussione modelli di produzione e di consumo che sfruttano le persone e allocano le risorse in modo iniquo. Lo scopo ultimo è combattere le disuguaglianze, compresa la distribuzione ineguale del potere e favorire nelle comunità le interdipendenze locali e globali5.
È tempo che gli operatori sociali ritrovino il senso del mandato professionale: promuovere la solidarietà, la sussidiarietà, l’uguaglianza coniugata alla diversità. È tempo di ri-proporsi coautori di giustizia sociale e ambientale, di democrazia partecipativa, di empowerment comunitario6.
Una presa di posizione condivisa e socializzata dalla comunità tecnica e professionale internazionale nella recente “Global Standards For Social Work Education & Training7 “. Il Documento proietta l’immagine di un social work capace di farsi portavoce delle istanze e delle risorse territoriali, di coinvolgere le comunità nel percorso di ricerca e di sviluppo di modelli socio-economici alternativi funzionali al benessere di ogni persona e del mondo attuale e futuro, nonché al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Globale 2030: sradicare le povertà e garantire una vita degna a ogni essere umano nel rispetto dell’eco-sistema.
Bibliografia/ Sitografia
1 Cfr. R. Bullard, “Dumping in Dixie: Race, Class, and Environmental Quality”, Westview Press, Boulder, 2000;
4 Cfr. G. Antonella, A. Panico, “Una società vulnerabile. Dalle previsioni ai possibili rimedi”, Carocci, Roma, 2011, p. 13;
5 Cfr. L. Dominelli, “Promoting environmental justice through green social work practice. A key challenge for practitioners and educators” in “International Social Work”, n. 57(4) / 2014, p. 339;
6 Cfr., Touraine Alain, “Libertà, uguaglianza, diversità”, Il Saggiatore, Milano, 2009, p. 196;
Assistente Sociale specialista. Docente a contratto presso la LUMSA sez. EDAS TARANTO. Insegna “Storia e Principi del Servizio sociale” nel corso di laurea triennale di Servizio Sociale. Membro tecnico della Commissione deontologica nazionale. Autrice di monografie ed articoli scientifici. Counsellor ad orientamento umanistico-esistenziale. Formatrice presso enti pubblici e privati.
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