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Smart welfare: valore aggiunto, digitalizzazione e futuro. Attenzione autentica e avvolgente. E-welfare dal volto umano.
Un’idea smart
Leggendo articoli e saggi, ascoltando dibattiti televisivi e programmi radiofonici ci si imbatte spesso nell’idea che “smart” sia sinonimo di efficienza e di evoluzione. Allora si sente parlare di smart society, di smart city o di smart welfare. Una caratteristica che sembra essere la soluzione di tutti i mali.
 «L’uomo deve tornare a essere considerato il limite invalicabile»
Lo smartwelfare è il lavoro svolto tipicamente da un operatore sociale nell’ambito dei servizi alla persona in modalità telematica. I colloqui, gli interventi e le visite domiciliari, i percorsi di accompagnamento, di sostegno, di controllo e di monitoraggio vengono esplicati in Rete[2].
L’eccessivo clamore e la particolare enfasi, che vengono attribuiti a tale fenomeno, non possono esimere i professionisti dell’aiuto dal porsi delle domande. L’efficienza, che dovrebbe scaturire dalla digitalizzazione del welfare, è sinonimo di qualità dei servizi?
La modalità smart è dunque, un valore aggiunto per il welfare?
I dubbi derivano dalla convinzione che ogni qualvolta si parla di servizi alla persona non si può fare a meno di pensarli come “beni relazionali” la cui qualità , dipende, soprattutto, dalla capacità dell’operatore di entrare in relazione con l’altro[3].
L’uomo deve tornare a essere considerato il limite invalicabile. La sua libertà deve essere intesa come il principio basilare sul quale costruire un processo di aiuto che abbia come unico obiettivo: dare compimento al divenire della persona in qualità di destinataria dei servizi sia che essi siano distribuiti e gestiti in rete che in presenza.
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Note:
[1] Cfr. in https://www.economyup.it/mobilita/smart-city-cosa-sono-davvero-e-a-che-punto-siamo-in-italia/
[2] Cfr. Andrea Petrella, Distanti ma connessi? Lo smart welfare nei servizi socio-educativi ai tempi del Coronavirus, in “Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education”, Vol.24 n.57, 2020, p. 60.
[3] Cfr. Stefano Zamagni, L’economia del bene comune, Città nuova, Roma, 2008, p. 44.
[4] Cfr. Albert Mehrabian, Nonverbal communication, Aldine-Atherton, Chicago, 1972.
[5] Cfr. Robert Carkhuff, L’arte di aiutare, Erickson, Trento, 1988, p. 17.
Assistente Sociale specialista. Docente a contratto presso la LUMSA sez. EDAS TARANTO. Insegna “Storia e Principi del Servizio sociale” nel corso di laurea triennale di Servizio Sociale. Membro tecnico della Commissione deontologica nazionale. Autrice di monografie ed articoli scientifici. Counsellor ad orientamento umanistico-esistenziale. Formatrice presso enti pubblici e privati.
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