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Addio Utente! La Persona nel Nuovo Codice Deontologico
Persona, utente, cliente. Cambio di linguaggio nel Nuovo Codice Deontologico dell’Assistente Sociale.
Come gli Assistenti Sociali “chiamano” i destinatari delle loro azioni?
Il Nuovo Codice Deontologico ha sancito la scelta di non utilizzare più le parole “utente” e “cliente”. Quando ci si riferisce a coloro che si rivolgono agli assistenti sociali il termine utilizzato è “persona”. L’intento è sottolineare la capacità, la libertà di scelta e la relazionalità dei destinatari degli interventi del Servizio Sociale. “Utente” e “cliente” sono indicati come termini a cui ricorrere solo in riferimento a specifici rapporti di committenza.
«Valorizzare le capacità e le risorse degli individui e delle comunità con cui l’Assistente Sociale opera»
Lo sviluppo del vocabolario professionale
Numerosi sono gli elementi che caratterizzano l’evoluzione della riflessione deontologica di una professione. Tra questi, uno dei più evidenti, è sicuramente lo sviluppo del vocabolario, cioè la scelta di abbandonare l’uso di alcune parole per adottarne altre ritenute “più adeguate”.
Nell’ambito della nostra professione di Assistenti sociali, uno di questi cambiamenti è chiaramente rinvenibile nel Nuovo Codice Deontologico, approvato il 21 febbraio 2020 e in vigore dal 1° giugno 2020. Intendo riferirmi alla scelta di abbandonare l’uso delle parole “utente” e “cliente”, sostituite dal termine “persona”.
Valorizzare le capacità degli individui
Le motivazioni di questa evoluzione ci vengono presentate dallo stesso Codice. Infatti, il preambolo precisa che si è introdotta tale novità perché «il Codice valorizza esplicitamente le capacità e le risorse degli individui e delle comunità con cui l’assistente sociale opera».
Al centro la libertà di scelta
Quanto indicato dal Preambolo del Codice fa intravedere che l’uso del termine “utente” sia da molti sentito oramai inadeguato, poiché esso potrebbe rimandare ad una visione che colloca in posizione “passiva” i destinatari degli interventi del Servizio Sociale.
Non a caso, nell’ampia trattazione del termine “utente” proposta dal Nuovo Dizionario di Servizio Sociale, è precisato che con questo termine si è spesso indicato «colui che, pur essendo titolare di diritti e legittimato ad avanzare delle richieste, manca della possibilità di scelta rispetto all’interlocutore».[1]
Né utente, né cliente… salvo eccezioni
Parallela alla scelta di non utilizzare il termine “utente” v’è quella di non ricorrere neanche alla parola “cliente”. Il cliente è colui che sceglie tra servizi e prestazioni, quindi questo termine propone una posizione attiva delle persone. Richiama tuttavia un’idea di “scambio” non sempre rispondente all’effettiva relazione che si crea con il Servizio Sociale.
Il termine “persona”, dunque, li sostituisce entrambi nell’indicare «coloro che si rivolgono all’assistente sociale». V’è però un’eccezione, segnalata dal Codice stesso. I vocaboli “utente” e “cliente” possono essere utilizzati «quando siano connessi al rapporto di committenza instaurato con una Società professionale o multi-professionale o con un libero professionista». Dunque, i due termini non sono banditi dal vocabolario professionale. Piuttosto se n’è circoscritto l’uso a determinate circostanze.
Questa scelta si pone nel medesimo solco di quella già rinvenibile nella legge n. 328/00Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, dove il termine “utente” indica coloro che sono destinatari di specifiche prestazioni sociali mentre viene utilizzato il termine “cittadini” laddove ci si riferisce ai destinatari delle politiche sociali generali.
Persone, non individui
È significativo che nell’abbandonare l’uso delle parole utente e cliente, si sia fatto ricorso al termine persona e non semplicemente a quello di “individui” o di “soggetti”. La scelta non è affatto secondaria. “Persona” richiama infatti la dimensione “relazionale” e “sociale” degli esseri umani. Non solo il loro essere “autonomi”, “coscienti”, “attivi”, ma anche la centralità dell’essere “in relazione”.
Si tratta di una visione coerente con le correnti filosofiche che hanno maggiormente inciso sull’etica del servizio sociale, come il personalismo comunitario di E. Mounier e l’umanesimo integrale di J. Maritain.[2] Possiamo trovare grande giovamento, come Assistenti Sociali, nell’andare a riprenderne i concetti e i contributi chiave.
[1] Campanini Annamaria (a cura di), Nuovo Dizionario di Servizio Sociale, Carocci, Roma, 2013, p. 750.
Assistente sociale, presidente nazionale della Federazione Progetto Famiglia, Docente di Principi e Fondamenti del Servizio Sociale presso le Università “Federico II” di Napoli e “Aldo Moro” di Bari, Docente di Metodi e Tecniche del Servizio Sociale presso le Università della Calabria e dell’Aquila.
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