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Affido familiare: il punto di vista degli affidatari. Parte I
Genitori affidatari e disponibilità all'affidamento: l'intervista a Frida Tonizzo, Presidente dell’Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie.
A cura Maria Ilenia De Meis, dottoressa in Servizio Sociale
Qual è il ruolo degli affidatari?
Gli affidatari sono dei volontari che hanno un ruolo importante nel progetto di affidamento; non vanno considerati come semplici utenti dei servizi: essi devono essere riconosciuti come interlocutori dagli operatori dei Servizi socio assistenziali e sanitari, dai Giudici minorili e, attraverso i gruppi e le associazioni cui aderiscono, dagli amministratori(Sindaci, Assessori, ecc.). Ciò significa che essi sono soggetti attivi e, prima di prendere decisioni significative sul bambino o sul ragazzo loro affidato, devono essere preparati, valutati e supportati - ma anche ascoltati - durante tutto il percorso: è con loro che il bambino dovrà vivere!
Contrariamente a quanto alcuni possono pensare, gli affidatari iniziano il percorso dell’affidamento con un atteggiamento fiducioso e collaborativo verso gli operatori dei Servizi Sociali e sanitari: sta agli operatori stessi confermare – coi fatti – la loro credibilità ed “affidabilità” nel prosieguo dello stesso e nel momento, molto delicato, della sua conclusione. Quando questo non avviene, gli affidamenti si trasformano in “affibbiamenti” con tutte le conseguenze negative che ne derivano e che possono portare alla loro interruzione.
<<Bisogna saper "entrare in punta di piedi" nella vita dei bambini e rispettare i loro tempi>>
Sostenere i legami
L’affidamento prevede il mantenimento e, ove possibile, il rafforzamento dei legami del bambino con la sua famiglia di origine. Gli affidatari devono ricevere dai Servizi Sociali le informazioni necessarie che riguardano il minore, la sua situazione familiare, la sua storia, le sue esperienze, i suoi legami e tutti gli elementi utili per comprendere le sue difficoltà, le sue richieste e le reazioni al nuovo ambiente; essi devono impegnarsi a garantire la necessaria riservatezza su quanto ricevuto e a non divulgare a terzi quanto hanno appreso.
Prima di tutto questo, è importante porre l'attenzione sulla famiglia d'origine: essa va supportata e sostenuta fin dall’inizio, in quanto arriva a condividere questa decisione in seguito a percorsi di vita travagliati.
Purtroppo, bisogna considerare che gli affidamenti giudiziari superano il 79%; i Giudici intervengono su situazioni gravemente pregiudizievoli per il minore con interventi “tardo - riparativi” destinati a durare nel tempo. In queste circostanze fondamentale è il lavoro degli operatori dei servizi, impegnati a instaurare e sostenere la relazione tra le due famiglie e a supportare quella di origine nel superamento dei motivi che hanno portato all’affidamento del bambino.
Disponibilità all’affidamento
Perché una famiglia offre la sua disponibilità all'affidamento? I motivi possono essere diversi: impegno sociale e solidale, ordine religioso (basti pensare all’impegno nei confronti degli ultimi) e così via. Determinanti sono comunque le capacità affettive ed educative che devono essere attentamente valutate dagli operatori: non si tratta di essere famiglie "perfette" - non ne esistono - ma certo non è sufficiente la dichiarazione di disponibilità manifestata per ritenerli capaci e/o idonei a svolgere questo ruolo; vi possono essere anche motivazioni discutibili.
Bisogna sapere che l’amore verrà messo continuamente alla prova e potrà mettere in discussione quelli che gli affidatari considerano punti di riferimento ferrei. Questi ultimi si trovano, infatti, di fronte a un bambino con la sua storia e le sue esperienze - spesso negative - proveniente da un ambiente familiare che bisogna conoscere e comprendere. Attraverso l'affidamento si viene a contatto con persone che non hanno avuto, nella maggior parte dei casi, molto dalla vita e che, proprio per questo, sono in grado di dare poco ai loro figli. Non per questo essi vanno giudicati o colpevolizzati. Il bambino in affidamento non deve percepire che i suoi genitori e/o parenti sono "svalutati" dalle persone con cui vive: si sentirebbe scarsamente considerato anche lui, costretto a scegliere tra due famiglie egualmente importanti per la sua crescita.
In punta di piedi
Al momento dell’inserimento del bambino nella famiglia affidataria, può capitare che quest’ultimo si senta estraneo e si comporti in modo ritenuto alquanto "discutibile"- ad esempio, rispondendo poco o non rispondendo affatto ai gesti affettuosi (abbracci, coccole ecc.). È importante tenere presente che per lui il problema non è quello di "avere due famiglie", quanto piuttosto il timore di non averne più nessuna. Egli, infatti, può aver paura di perdere la sua famiglia - che, seppur inadeguata, rimane comunque “la sua” ed è ad essa legato - e, allo stesso tempo, non conoscendo ancora bene quella affidataria, non sa se può contare o meno su di essa. Per questo motivo, può presto mettere alla prova la disponibilità degli affidatari per misurare il loro reale interesse. Può, ad esempio, diventare aggressivo, chiudersi in un ostinato mutismo, raccontare bugie e così via.
La tentazione forte degli affidatari - soprattutto all'inizio dell'affido - può essere quella di arginare questi atteggiamenti imponendo delle regole, con il rischio che siano troppo rigide. Non vorremmo essere fraintesi e precisiamo che le regole sono indispensabili per la vita familiare, ma è anche determinante una grande flessibilità. Non si devono pretendere cambiamenti immediati, rapidi o continui: bisogna saper "entrare in punta di piedi" nella loro vita e rispettare i loro tempi.
Il rapporto tra figli
Nelle famiglie affidatarie ci possono essere uno o più figli con un ruolo determinante nell'esito dell'affidamento. È chiaro che devono essere sentiti, preparati e devono condividere la decisione presa. Questo, tuttavia, può non bastare: è difficile prevedere le loro emozioni e le loro reazioni - gelosie reciproche, ostilità iniziale, etc. Non si deve dimenticare che il bambino affidato porta con sé problematiche anche gravi, sovente lontane da quelle della famiglia affidataria; a volte può essere laborioso per i figli degli affidatari accettare la diversità o addirittura farsene carico.
Bisogna dare loro il tempo di assimilare la nuova realtà: è importante che possano esprimere le loro difficoltà, le loro preoccupazioni, che non si sentano "obbligati" a compiacere i genitori. Solo nella chiarezza si possono trovare soluzioni. È importante che, accanto ai momenti di vita comune, essi abbiano spazi decisamente diversificati (ad esempio, attività ricreative e/o sportive differenti), che permettono loro di avere anche più cose da raccontare.
I figli possono dare un aiuto insospettato e insospettabile nella riuscita dell'affido: attraverso la loro comunicazione "trasversale" trasmettono messaggi, rassicurazioni e abitudini1.
Note:
1 Tematica affrontata nel libro di Sità C., Mortari L., "L’affido familiare. Voci di figlie e figli", 2021; riporta gli esiti di una recente ricerca sul rapporto fra figli biologici e affidati.
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