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Centralità della relazione fiduciaria tra Assistente Sociale e persone. Trasparenza e Cooperazione, asimmetria informativa, funzioni di controllo.
La fiducia sempre e comunque
Il nuovo codice deontologico sancisce che la fiducia è al centro della relazione tra Assistente Sociale e persone. La strada da percorrere passa attraverso l’assunzione di comportamenti professionali basati sulla trasparenza e la cooperazione. Comportamenti che vanno adottati anche quando vi fossero situazioni di “asimmetria informativa” tra Assistente Sociale e persone o quando l’Assistente sociale fosse incaricato di “funzioni di controllo e tutela”.
«La relazione dell’Assistente Sociale con la persona si fonda sulla fiducia»
Una professione fiducia-centrica
Nel Dizionario di Servizio Sociale, il concetto di “Fiducia” è richiamato in tre differenti argomenti: nella definizione di “Deontologia professionale”, in quella di “Processo di aiuto” e in quella di “Relazione d’aiuto”. Questa triplice trattazione del tema della fiducia ci dice subito che si tratta di un aspetto centrale della nostra professione e che essa va considerata sia nella sua dimensione valoriale, che relazionale, che metodologica.
Consapevole della grande rilevanza della “fiducia” per l’Assistente Sociale, il nuovo Codice Deontologico la affronta fin dal preambolo. Leggiamo infatti che «la relazione con la persona, anche in presenza di asimmetria informativa, si fonda sulla fiducia». L’indicazione del Codice è chiara: senza la fiducia non è possibile condurre la nostra azione professionale. Senza fiducia il nostro ruolo non ha la possibilità di esplicarsi. La nostra, in sintesi, è una professione “fiduciaria” o, meglio ancora, “fiducia-centrica”.
Asimmetria informativa e relazione autentica
Come abbiamo visto il Codice sottolinea che la fiducia deve fondare la relazione tra Assistente Sociale e persone anche quando vi fosse “asimmetria informativa”, cioè anche quando non tutte le notizie e i dati relativi alla situazione fossero ugualmente conosciuti da entrambe le parti.
Come si fa a far questo? Qual è la strada attraverso il quale custodire una relazione autentica anche quando non tutte le informazioni sono a disposizione delle persone? Ce lo dice lo stesso Codice. Occorre porre in essere «un comportamento professionale trasparente e cooperativo, teso a valorizzare tutte le risorse presenti e la capacità di autodeterminazione degli individui».
Trasparenza e cooperazione
“Trasparenza” significa anche spiegare con chiarezza alle persone interessate quali sono i motivi, sostanziali e giuridici, che ci impediscono di trasmettere loro le eventuali informazioni di cui fossimo in possesso. Si pensi in particolare ai casi disciplinati dall’art. 24 della legge 241/90 relativi al diniego o al differimento dell’accesso dei cittadini agli atti relativi ai procedimenti amministrativi che li riguardano.
“Cooperazione” indica l’assunzione di un comportamento professionale valorizzante, volto a promuovere e sostenere le energie positive e l’autodeterminazione delle persone. Qui si intrecciano varie dimensioni: il valore della libertà come bene fondamentale, l’importanza di mettere in campo strategie di empowerment, la necessità di sviluppare uno sguardo centrato sulle risorse delle persone (strenght perspective).
O fiducia… o niente!
La centralità della relazione di fiducia tra l’Assistente Sociale e le persone ritorna numerose volte nel codice deontologico. La troviamo all’art. 26, dove si sottolinea che «L’Assistente Sociale (…) impegna la propria competenza per instaurare una relazione di fiducia [con] la persona». All’art. 29, nel quale si ribadisce che «la natura fiduciaria della relazione con la persona impone all’Assistente Sociale di agire con la massima trasparenza (…) tenendo in opportuna considerazione le caratteristiche culturali e le capacità di comprensione e di discernimento dell’interlocutore». All’art. 53, nel quale si sancisce che «L’assistente sociale chiede al proprio datore di lavoro (…) di essere sollevato dall’incarico (…) quando, per gravi motivi, venga meno la relazione di fiducia».
Assistenti Sociali controllori?
E quando l’Autorità Giudiziaria o la legge attribuisce all’Assistente sociale lo svolgimento di “funzioni di controllo e di tutela”? In questi casi come si custodisce la fiducia tra l’Assistente Sociale e le persone soggette a tali controlli? Ce lo dice il Codice all’art. 17: «L’assistente sociale informa i soggetti coinvolti del proprio mandato professionale e delle sue implicazioni, anche quando l’intervento professionale si svolga in un contesto di controllo o di tutela disposto dall’Autorità Giudiziaria, o in forza dell’adempimento di norme di legge». Si ribadisce, insomma, il principio della trasparenza indicato dal Preambolo.
Assistente sociale, presidente nazionale della Federazione Progetto Famiglia, Docente di Principi e Fondamenti del Servizio Sociale presso le Università “Federico II” di Napoli e “Aldo Moro” di Bari, Docente di Metodi e Tecniche del Servizio Sociale presso le Università della Calabria e dell’Aquila.
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