Commissione parlamentare d’inchiesta: l’accoglienza e l’affido familiare un bene per tutti
Minorenni fuori famiglia e sistema di tutela. Riconoscimento giuridico delle case-famiglia con nucleo residente. Disomogeneità territoriali e attività di verifica.
Un’opportunità per i minorenni fuori famiglia
Il disegno di legge approvato recentemente dalla Camera dei Deputati, dopo oltre un anno, che costituisce una «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema delle case famiglia e delle strutture residenziali per minori in Italia“ è una grande possibilità per approfondire tutte le tematiche relative ai minorenni fuori famiglia che sono accolti, in maniera temporanea, o presso famiglie o strutture residenziali come le case famiglia».
«denunciamo una forte disomogeneità di applicazione delle normative tra aree geografiche (pensiamo al Nord e al Sud) e tra regioni, se non addirittura all’interno dello stesso territorio regionale»
Su cosa la Commissione dovrà concentrarsi?
La Commissione ha il compito di «accertare l'esistenza di eventuali criticità o reati nonché le relative cause di ordine normativo, amministrativo, gestionale, finanziario, organizzativo o funzionale ovvero attinenti al sistema di monitoraggio e controllo».
Il punto su cui la Commissione spero porrà la massima attenzione è sul complesso sistema della tutela dei minorenni in difficoltà presso le proprie famiglie di origine, minorenni che possono essere aiutati e sostenuti sia nell‘esperienza dell’affido familiare sia nell’essere accolti presso strutture adeguate alle loro specifiche esigenze.
Dato che l’esperienza dell’affido familiare, vissuta da tante associazioni, di cui alcune aderenti al Forum Nazionale delle Associazioni Familiari, ha sempre avuto come elemento centrale il minorenne con tutta la sua storia, talvolta fragile e difficile, e la possibilità di poter far ritorno nella propria famiglia per garantire «il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia» (comma 3.5 art. 1 L. 149/2001), con il diritto primario «di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia» (comma 3.1 L. 149/2001).
Sempre la 149/2001 sottolinea che «le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia» (comma 3.2 L. 149/2001), per cui si può condividere le preoccupazioni che hanno portato, a livello parlamentare, alla costituzione della Commissione d’inchiesta, purché i compiti e le verifiche previste come attività della Commissione si svolgano nel guardare tutta la realtà nel suo complesso, con le relazioni tra i vari soggetti coinvolti, e non con una possibile prioritaria ottica “indagatoria” della realtà dell’accoglienza, così importante riguardo la tutela dei minorenni.
Le case-famiglia
Dall’esperienza di diverse associazioni sono sorte delle “case-famiglia” che hanno come elemento centrale, sia dal punto di vista educativo che organizzativo, una famiglia che dimora stabilmente nella struttura, con eventuali supporti educativi, che tengono conto del numero e della tipologia dei minori accolti.
Ma, purtroppo, le case-famiglia di fatto non hanno mai trovato un loro riconoscimento, in quanto la legge 184/83, poi modificata dalla legge 149/01 (art. 2, comma 2), definisce genericamente tutte le strutture come “comunità di tipo familiare”, non distinguendo tra quelle che sono davvero organizzate come una famiglia, con un papà e una mamma presenti a tempo pieno, e le comunità gestite da educatori a turno.
Un compito di verifica
Nel lavoro che la Commissione si avvia a svolgere è evidente che, in base all’esperienza delle associazioni, con le famiglie e le case-famiglia, va innanzitutto verificata la piena attuazione della legge 184/83, modificata con la L. 149/2001, compresa l’applicazione delle “Linee di indirizzo per l’affidamento nazionale” del 2012, predisposte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che dovevano poi essere riprese dalle Regioni, per attuare tutte le azioni previste nelle specifiche realtà locali.
Ciò che sta a cuore a tutte le associazioni e alle famiglie che hanno come loro caratteristica l’accoglienza di un minore che, per diverse ragioni, ha bisogno di essere sostenuto nel suo percorso di crescita, con l’affido familiare e/o con l’adozione, in considerazione delle situazioni dei singoli bambini, è solamente il bene del bambino e, di conseguenza, il bene della sua famiglia di origine.
Pertanto, è condivisibile il compito di verifica che la Commissione ha, come indicato al comma 2 dell’articolo 3, dello stato di attuazione della legge 4 maggio 1983, n. 184, modificata con la 149/2001, delle Linee guida nazionali e delle normative e i regolamenti regionali vigenti.
Risulta molto importante anche la verifica dei protocolli di controllo e vigilanza oltre che degli standard di accreditamento, individuando eventuali differenze o similarità tra i vari ordinamenti regionali, anche perché, come tante volte è stato denunciato, dalla nostra esperienza si rileva una forte disomogeneità di applicazione delle normative tra aree geografiche (pensiamo al Nord e al Sud) e tra regioni, se non addirittura all’interno dello stesso territorio regionale.
Risulta particolarmente importante, come indicato al comma 3, «di accertare la congruità della normativa vigente, proponendo soluzioni di carattere legislativo e amministrativo ritenute opportune per rafforzare l'incisività dei controlli e il coordinamento nelle attività di monitoraggio delle case famiglia e delle strutture residenziali per minori nonché della spesa, da parte dello Stato, della regione e degli enti locali coinvolti», anche attraverso il riconoscimento di criticità, che possono essere emerse nel tempo nel campo dell’esperienza dell’affido familiare e delle case-famiglia.
La risposta del Forum Nazionale delle Associazioni Familiari
A tal proposito proprio lo scorso mese di ottobre le associazioni familiari aderenti al Forum hanno riproposto un documento in cui viene ribadito che «La famiglia è in grado di accogliere bambini e adolescenti non solo offrendo tutte le cure e gli interventi previsti dalle norme, ma soprattutto offrendo ciò che appartiene all’identità della famiglia: l’amore tra i coniugi e tra essi e i figli».
Proprio partendo da tale considerazione è stato proposto che il legislatore stabilisca con chiarezza le diverse tipologie di strutture di accoglienza, partendo dal fatto che «Il grado di familiarità deve essere il criterio che porta alla definizione delle diverse tipologie di strutture di accoglienza, eliminando così l’ambiguità che nasce dal definire genericamente comunità di tipo familiare qualsiasi struttura, fermo restando che la dimensione e il modello educativo debbano essere di stile familiare in tutte le strutture d’accoglienza».
Tutto questo ha portato il Forum a proporre, per le diverse strutture di accoglienza, la seguente classificazione: Case-Famiglia, Comunità Familiare e Comunità educativa. Tutto questo anche per dare un contributo su come dare risposta ad un minore in difficoltà, qualora venga accertata la necessità di un suo allontanamento dalla propria famiglia di origine, pensando prioritariamente all’affido familiare e, nel caso questo non sia possibile, all’inserimento in una Casa-Famiglia o in una Comunità Familiare, oppure in una Comunità Educativa, tenendo conto del progetto che i servizi hanno proposto per il minore, cha ha necessità di essere tutelato.
Altri aspetti da considerare
Sembra utile che la Commissione prenda in considerazione ulteriori due aspetti:
- da una parte la necessità di individuare reali risorse per l’affido familiare, sia in termini finanziari sia in termini di personale, nella considerazione che si sta operando un investimento utile per l’intera società, e non si sta dando un servizio assistenziale;
- dall’altra la necessità che tutti i soggetti interessati dall’esperienza dell’affido familiare siano coinvolti e “messi a sistema” ognuno per la propria specificità, competenza e responsabilità, come il sistema giudiziario, le regioni, i servizi territoriali e le associazioni del privato sociale, che sostengono tante famiglie e realtà nell’esperienza dell’accoglienza.
Si spera che il lavoro della Commissione parlamentare serva a tutto questo, e noi, come associazioni, ci siamo e siamo disponibili a dare il nostro contributo.