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Genitori collocatari e tempi di frequentazione. Padri: svantaggio economico e mobbing genitoriale. Mediazione familiare, assistenza e carità.
Una genitorialità condivisa
Per bigenitorialità si intende essere genitori insieme: un bambino ha diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso di separazione o divorzio. Per attuare concretamente il principio della bigenitorialità, l’Italia ha emanato la l. 54/2006, la c.d. legge sull’affidamento condiviso, la quale ha avuto il pregio di mettere al centro il bambino e il suodiritto (non solo quello del padre o della madre) a mantenere un rapporto tranquillo e armonioso con entrambi i rami genitoriali. I genitori separati, secondo questa legge, devono prendersi cura in egual misura, della crescita, dell’educazione e del supporto materiale ed affettivo dei propri figli.
«I genitori separati devono prendersi cura in egual misura, della crescita, dell’educazione e del supporto materiale ed affettivo dei propri figli»
La condizione economia dei padri
Molto spesso, però, il giudice stabilisce un genitore “collocatario”, in genere la madre, con cui il figlio trascorre gran parte delle sue giornate e, contestualmente, fissa i “tempi di frequentazione” dell’altro genitore: fine settimana, vacanze e festività secondo il principio dell’alternanza.
I padri sono costretti a lasciare la casa familiare, magari con un mutuo in corso, e a versare un assegno di mantenimento alla madre (laddove non abbia un reddito sufficiente) e ai figli. Allo stesso tempo, dovranno pagare l’affitto della loro nuova abitazione. Si trovano, così, in una situazione di svantaggio economico, causa di un impoverimento, di cui il giudice non tiene conto nella definizione dei provvedimenti. Spesso, seguendo la “prassi”, si verifica una vera e propria discriminazione di genere, in cui al padre sono negati diritti e opportunità che sono, invece, concesse alle madri.
Il movimento Unione Padri Separati sostiene che la legge sull’affidamento condiviso lasci troppi margini di interpretazione: non esistono criteri che vadano a stabilire il mantenimento in base al reddito e ogni giudice può, anche davanti a casi simili, stabilire importi diversi. Così molti padri si trovano a vivere sotto la soglia di povertà, una condizione che influisce anche sulla relazione padre-figlio.
I “nuovi poveri”: le case per i padri separati
In Italia i padri separato sono quattro milioni e di questi, 800mila versano in condizioni di povertà, costretti ad accedere a servizi di assistenza e di carità. Solo un esempio di questo stato è l’allarme lanciato dalle mense e dai dormitori dei poveri, dove ben il 25% degli ospiti è rappresentato da padri separati.
Diventa difficile realizzare la genitorialità condivisa quando il papà non ha una casa. Per evitare questo rischio si sono mossi associazioni ed enti, dando vita alle “Case per i padri separati”, posti accoglienti, caratterizzati da un clima familiare: un supporto temporaneo per ripristinare le proprie abitudini, ma soprattutto la relazione con i propri figli.
Il mobbing genitoriale e la sindrome di alienazione parentale
Per i padri le conseguenze della separazione non sono solo di ordine economico. Si può notare, infatti, come non trova riscontro nei dati la genitorialità condivisa descritta dalla l. 54/2006: in Italia i figli di genitori separati trascorrono il loro tempo nell’81,1% dei casi con un solo genitore (la madre) e sono nel 18,9% con entrambi i genitori. Spesso, nonostante vengano fissati i cd. “tempi di frequentazione”, questi accordi non vengono rispettati.
Capita che il genitore non collocatario (il padre) faccia fatica a vedere i propri figli, perché l’altro genitore ostacola la relazione. È possibile parlare di una vera e propria forma di mobbing genitoriale, caratterizzata da alcuni atteggiamenti ricorrenti: il sabotaggio delle frequentazioni, l’isolamento dalle decisioni importanti, accuse e minacce.
Nei casi più gravi il figlio minore può essere coinvolto in questo meccanismo. Si può, quindi, parlare di alienazione parentale, che si verifica tutte le volte in cui il genitore ostacolante costruisce una relazione patologica con il bambino, mettendo in atto vere e proprie manipolazioni e portandolo a provare nei confronti dell’altro genitore odio e disprezzo ingiustificati.
La mediazione familiare: uno dei rimedi possibili per la genitorialità condivisa
La separazione è sempre un evento doloroso: spesso questa decisione è preceduta da momenti altamente conflittuali che rendono ancor più probabili le condizioni analizzate. È proprio l’alta conflittualità che porta i membri della coppia a perdere di vista il proprio bambino e a dimenticare che, seppur si è interrotto il loro legame, il ruolo genitoriale resta.
A questo proposito, la mediazione familiare può essere la soluzione in questo contesto: consente di prendere consapevolezza del proprio ruolo genitoriale e delle cause che hanno portato alla separazione, ripristina la comunicazione, mette al centro le esigenze dei figli.
Materiale bibliografico e sitografia:
MICHELA FOTI, CAMILLA TARGHER, “Comunicare la separazione ai figli. Dall’affidamento condiviso alla bigenitorialità passando per la mediazione familiare”.
Iscritta al secondo anno del Corso di Laurea Magistrale in Servizio Sociale e Politiche Sociali dell'Università degli studi di Napoli Federico II. Abilitata all'esercizio della professione di assistente sociale e iscritta alla sez B dell'albo degli assistenti sociali della Regione Campania.
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