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Assistente Sociale. Assessment e reciprocità. Costruzione di visione condivise e principio di autodeterminazione. Assessment di urgenza e decisioni unilaterali.
Come coniugare Assessment e reciprocità?
Come Assistenti Sociali, con l’Assessment siamo chiamati a costruire visioni condivise con le persone. Dobbiamo sviluppare una relazione di reciprocità con le persone, che permetta di sostenerne l’autodeterminazione.
Salvo interventi d’urgenza, non bisogna sostituirsi a loro ma accompagnarli nelle valutazioni e nelle decisioni. Solo così evitiamo approcci svalutanti e sosteniamo l’attivazione delle persone.
«Dobbiamo sviluppare una relazione di reciprocità con le persone»
Costruire visioni condivise
Silvia Fargion nel suo testo sul Metodo sul servizio sociale dedica un intero capitolo al processo dell’Assessment. La Fargion pone, quindi, al centro della riflessione metodologica, la fase della valutazione iniziale dei bisogni e delle risorse. Obiettivo di questa fase è: decidere l’intervento da realizzare.
È significativo il sottotitolo che Silvia Fargion utilizza per questo capitolo: “costruire visioni condivise”. L’autrice ci invita a comprendere che, nel rapporto tra assistenti sociali e utenti, la scommessa è appunto questa: maturare uno sguardo comune sulla situazione e sui percorsi da porre in essere.
Assessment d’urgenza
È possibile che, come Assistenti sociali, di fronte a problemi urgenti o a situazioni impreviste, compiamo valutazioni veloci e da soli. Ne può conseguire l’assunzione di decisioni unilaterali circa gli interventi e i percorsi da realizzare. Non si tratta, evidentemente, di errori di metodo.
Quando le circostanze lo richiedono, occorre saper valutare e intervenire con adeguata celerità. Si tratta tuttavia di situazioni eccezionali, da pronto intervento.
Autodeterminazione
La scommessa che Silvia Fargion ci propone, è riuscire ad incamminarci in un percorso che ponga realmente al centro del nostro lavoro il rispetto del principio di autodeterminazione. Il riconoscimento delle persone come soggetti capaci di agire attivamente è centrale nel nostro lavoro, come indicato all’art. 26 del Nuovo Codice Deontologico dell’Assistente Sociale (219.7 kB).
Non attuare queste concrete attenzioni, rinunciando al coinvolgimento attivo delle persone, rischierebbe di minare alla base l’adeguatezza e l’efficacia del nostro intervento. La deriva che può scaturirne è di farci slittare verso una dimensione svalutante dell’azione del Servizio Sociale.
Questo deterioramento può accadere indipendentemente dalle intenzioni dell’Assistente Sociale. Incorriamo nell’elevata probabilità di divenire svalutanti ogni volta che non comprendiamo bene come la persona vede la propria situazione.
Il ruolo dell’assistente sociale nell’Assessment
Ovviamente non sempre il punto di vista delle persone coincide con quello di noi Assistenti Sociali. A volte, le persone maturano convinzioni che possono divergere anche da ciò che è evidente. Il cuore della questione sta proprio qui. Occorre, aver chiaro qual è il nostro ruolo di Assistenti Sociali.
Non siamo risolutori di problemi né soltanto progettisti di interventi. Siamo chiamati ad un approccio riflessivo capace, innanzitutto, di accompagnare le persone. Dobbiamo aver ben chiaro che a ben poco servirebbe arrivare alla meta da soli. Sono le persone che devono fare il loro percorso. A noi è chiesto di saperle sostenere e supportare, senza sostituirci a loro, salvo che in precise e rare situazioni.
Assistente sociale, presidente nazionale della Federazione Progetto Famiglia, Docente di Principi e Fondamenti del Servizio Sociale presso le Università “Federico II” di Napoli e “Aldo Moro” di Bari, Docente di Metodi e Tecniche del Servizio Sociale presso le Università della Calabria e dell’Aquila.
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