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Il diritto del minore ad una famiglia: adozione e affidamento
Tutela del minore e supporto familiare: due istituti giuridici, un unico obiettivo. L'intervento del servizio sociale e la lotta ai pregiudizi
Accoglienza familiare: i diversi punti di vista ‍
Negli ultimi anni è stata riscontrata la forte tendenza, da parte della comunità , di vedere ogni forma di affido e adozione in modo negativo. Gli assistenti sociali sono visti come coloro che portano via i bambini dai propri genitori, rovinando l’intero assetto familiare. Sarebbe opportuno, invece, tornare a considerare tali provvedimenti come non solo un’essenziale opportunità di crescita e sano sviluppo del bambino, ma anche di riorganizzazione del nucleo familiare.
<<La famiglia è la prima cellula essenziale della società umana>>
Diritto ad avere una famiglia
Fino agli anni Sessanta, il ricovero in istituto e la politica dell’istituzionalizzazione sono stati i principali strumenti impiegati dallo Stato in materia di tutela dei minori privi di un adeguato sostegno familiare. Con la legge “Diritto del minore ad una famiglia”, approvata il 4 maggio 1983, n.184, “il minore ha diritto di crescere e vivere in famiglia”. Laddove questa non sia in grado o scelga di non provvedere al sostegno e all’educazione del bambino, è consentito dalla legge il ricorso all’affidamento o all’adozione, i quali trovano fondamento, a livello costituzionale, sull’obbligo di protezione dei minori. Nella realizzazione di tali interventi è fondamentale la partecipazione di diverse figure giuridiche, come il Giudice Tutelare o il Tribunale dei Minori, insieme al Servizio Sociale.Â
L’affidamento è un intervento assistenziale attivato quando si riscontra la temporanea mancanza di un ambiente familiare adeguato alla crescita e alla formazione del bambino. Può essere consensuale ma anche giudiziale; i destinatari di tale intervento sono il minore e la sua famiglia: da un lato si provvede al collocamento del minore in un altro nucleo, dall’altro si cerca di rendere possibile, attraverso interventi di recupero nei confronti della coppia genitoriale, una riorganizzazione del contesto familiare per renderlo idoneo allo sviluppo psico-fisico e affettivo del minore.
L’adozione, invece, è un provvedimento che mira a proteggere il minore, abbandonato dalla famiglia di origine, tramite l’individuazione di una famiglia sostitutiva. Attraverso tale intervento vengono definitivamente interrotti tutti i legami preesistenti del bambino.Â
Provvedimenti in “via di estinzione”
Spesso, negli ultimi anni, si è parlato di questi due istituti con accezioni totalmente negative, in quanto visti come delle punizioni da infliggere alla coppia genitoriale, una pena da scontare per un loro comportamento errato. Tali provvedimenti risultano essere duri, delicati, una scelta da prendere con fermezza e cautela, ma indispensabili per favorire la crescita positiva del bambino.
Nel quinquennio tra il 2007 e il 2012 si è assistito ad un calo dei minori in affidamento familiare, specialmente nel Centro-Sud Italia, di circa il 15%. Spostando la lente di ingrandimento direttamente sulle singole regioni, in Campania il calo è del 28%, nel Lazio del 32%. Proiettando questi dati nel futuro arriveremo ad una inarrestabile decrescita di circa il 70%, che sicuramente non porterà benefici alla società , ai genitori e, soprattutto, al minore.
Etichette e pregiudizi: la lotta degli assistenti sociali
Le cause di questa forte diminuzione dei procedimenti di affido e adozione posso essere ricercate in molteplici campi. Innanzitutto, tale flessione non è causata da una riduzione del bisogno, bensì da una sempre piĂą grave mancanza di risorse e finanziamenti, che porta tali interventi ad essere sempre meno efficaci e qualitativi. Un’altra causa può essere ricercata nella tendenza a considerare la famiglia come un legame sempre sano, anche laddove vi sono forti criticitĂ e problematiche economiche-sociali e affettive. Ulteriori problematiche sono la scarsa collaborazione tra servizi e l’incapacitĂ di stimolare la comunitĂ locale1.Â
L’affido e l’adozione, per questi e altri motivi, risultano essere ancora oggi dei provvedimenti poco conosciuti e, di conseguenza, vittime di pregiudizi. Spesso sono gli stessi media a descrivere tali procedimenti in modo negativo, portando ad un quasi totale loro depotenziamento. Sempre piĂą diffusa è l’idea che i minori vengano allontanati dalle famiglie con finalitĂ lucrative da parte dei vari Enti e non per la reale necessitĂ di tutela del bambino. I servizi sociali sono sempre piĂą esposti a denunce legali e mediatiche, i loro interventi in materia di tutela minorile sono sempre piĂą malvisti.Â
L’obiettivo comune dovrà essere quello di portare avanti una politica basata sulla solidarietà familiare e diffondere informazioni sempre più dettagliate su tali provvedimenti, così da liberarli da questa nuvola nera di negatività che negli ultimi anni aleggia su di essi. Fondamentale sarà convincere l’opinione pubblica che essi hanno una funzione protettiva verso il minore e non punitiva verso i genitori.
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