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Self made man: crisi dei legami e libertà senza limiti. Serendipità e individualismo.
Il mito del self made man e la crisi dei legami
La società individualista in cui viviamo sta progressivamente allontanando le persone. Ci viene chiesto continuamente di rincorrere il mito del self made man, di raggiungere risultati gloriosi senza l’aiuto o il supporto di nessuno. Risultato? La serendipità e l’individualismo hanno comportato una vera e propria crisi dei legami rendendo le persone sole, lontane, tristi. Di fronte a questo nuovo scenario, il servizio sociale ha la responsabilità di lavorare con le persone per fare comunità.
“L’individualizzazione scava dei solchi che non vengono ricomposti, mette in crisi l’affidabilità, la stabilizzazione, la capacità di identificazione collettiva e il senso di appartenenza”[1].
Io non ho bisogno di nessuno
Abbiamo tutti sentito parlare del self made man, dell’uomo che con il proprio ingegno, tanta dedizione e soprattutto senza bisogno dell’aiuto di qualcuno, riesce a realizzarsi e raggiungere obiettivi gloriosi. Il super uomo che la società ci presenta come modello di riferimento da decenni, figlio del sogno americano, ambizione di molti.
Negli ultimi anni però l’uomo che si fa da sé ha acquisito nuove capacità: non solo può costruirsi da solo ma è addirittura in grado di ricostruirsi a suo piacimento. Cosa gli permette di farlo? Sceglie di essere libero dai legami, dalle responsabilità, da tutto ciò che lo vincola al passato, a sé stesso e agli altri che lo circondano.
Così il re-self made man[2] sceglie una libertà senza limiti, sceglie di non appartenere, frequenta persone ma non si relaziona mai davvero con loro poiché è sempre aperto a nuove esperienze e opportunità.
La serendipità
Il re-self made man sceglie la serendipità[3]: uno stile di vita centrato sull’essere aperti alle novità, sul consumare nuove avventure ed esperienze, evitando di vincolarsi al già dato. In questo modo però diventa collezionista di esperienze e di frammenti di relazioni poiché non vuole in alcun modo sentirsi legato agli altri[4].
La libertà così diventa fortemente autocentrata, simile a quella che caratterizza le modalità relazionali adolescenziali. In questo modo è come se vivessimo in un grande “paese dei balocchi”, divertente e accattivante all’apparenza, ma che nasconde un grande inganno, poiché stare con le persone senza sceglierle annulla il valore di ogni incontro[5].
Due facce della stessa medaglia
Abbiamo visto come il re-self made man, prigioniero del suo stesso desiderio di libertà estrema, pretende e crede di poter fare tutto da solo. Non solo: pensa solo a sé stesso perdendo di vista gli altri che lo circondano.
Così il super uomo si ritrova a vivere una vita frenetica che spesso diventa estenuante, dove il bisogno di pienezza è implacabile poiché nel profondo, quando la sera spegne la luce e prova a dormire, si sente solo. Questo perché l’individualismo e la serendipità conducono a un destino infelice: la solitudine.
La solitudine non è un nemico invincibile
Di fronte a questo scenario, il servizio sociale ha una missione: coinvolgere i cittadini per promuovere le relazioni di prossimità. Questo è l’obiettivo del servizio sociale di comunità, il quale si occupa della creazione di legami all’interno di un contesto territoriale più o meno circoscritto. In questo modo è possibile valorizzare e potenziare il capitale sociale.
Una comunità coesa ed attiva permette non solo di contrastare la diffusa solitudine ma costituisce una risorsa imprescindibile per il servizio sociale. Infatti, qualsiasi intervento attuato in un contesto sociale arido di relazioni di prossimità si trasformerebbe in mero assistenzialismo[6].
Solo insieme è possibile
Buona parte della domanda di aiuto che proviene dai cittadini riceve risposta dalle associazioni di volontariato, dai gruppi religiosi e dagli enti di promozione sociale. Per questo motivo un servizio sociale di comunità costituirebbe una modalità di intervento importante per avvicinare e permettere di conoscere i servizi sociali territoriali ai cittadini.
Sarebbe quindi possibile creare una vera e propria rete di servizi integrati con il terzo settore. Questo proprio sulla base dalla legge 328/2000, la quale attribuisce al Comune il compito di attivare stili collaborativi e partecipativi, considerando la comunità come soggetto principale e i cittadini il patrimonio sociale della stessa[7].
[1] INGROSSO Marco, La promozione del benessere sociale, Franco Angeli, Milano,2006, p.21.
[2] GIORDANO Marco, Nuovi Cortili. Lo sviluppo relazionale nei contesti di prossimità, Editrice Punto Famiglia, Angri (SA), 2017, pp. 21-22.
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