Le necessità di una burocrazia funzionante e di ritrovare il mandato

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Le necessità di una burocrazia funzionante e di ritrovare il mandato

Burocrazia: servire la comunità, rimuovere le disuguaglianze e promuovere il benessere. Assistenti sociali e USL

Il bene dei pochi o della collettività?

La divisione del lavoro è diventata inevitabile nei tempi moderni. Ovviamente colpito anche il settore pubblico e quindi la burocrazia. Weber ci presenta i presupposti della nascita della burocrazia: il più importante di tutti è la necessità di avere persone competenti nei ruoli chiave affinchè possano servire la comunità in modo adeguato, efficace ed efficiente. Passiamo quindi da una concezione dei funzionari dello Stato come persone che facevano esclusivamente gli interessi del Re al personale che seguiva un comportamento dettato dalla legislazione dello stato, ovviamente a beneficio della collettività. Secondo Weber questa nuova classe di funzionari sarebbe stata inevitabilmente formata nelle università. Sorge un problema strutturale: alle università riuscivano ad accedere solo persone provenienti dalle classi sociali più elevate della popolazione, che non conoscevano le realtà più disagiate. Questa nuova classe di funzionari era portata quindi a fare gli interessi della classe di appartenenza, dimenticandosi del loro mandato e dimenticandosi degli ultimi. Si era giunti quindi alla famosa “gabbia d’acciaio” ovvero una cristallizzazione del loro lavoro, in una dimensione dov esso non era per nulla incisivo per il beneficio della collettività.

«Dove c’è necessità di risorse, devono essere richieste. Dove c’è necessità di razionalità di spesa, deve essere fatta»

Aiutare gli ultimi

Con le spinte ideologiche del post dopoguerra c’è, per fortuna, un cambio di rotta: si passa da una visione del welfare caritatevole e con fini di controllo sociale a un welfare, che seppur diviso per categorie, aveva come fine ultimo di rimuovere le disuguaglianze e promuovere il benessere.

Nascono quindi molto timidamente le prime istituzioni burocratizzate che avevano il fine manifesto di aiutare gli ultimi della società. In UK negli anni ’40 Lord Beverdridge già progettava il sistema inglese, che, testualmente, “Avrebbe accompagnato gli inglesi dalla culla alla tomba” e si progettava il NHS, che conta ben due milioni di impiegati!

In Italia si proseguiva con un sistema bismarchiano, che onerava poco lo stato, lasciando il primo intervento alle istituzioni di carità, ma che continuava ad escludere troppe persone. Non a caso fenomeni come accattonaggio e prostituzione dilagavano in modo problematico.

La nascita dei “servizi sociali” nel diritto positivo

Contemporaneamente, le casse di mutuo aiuto seguivano logiche clientelari. Riporta infatti il libro “Introduzione al Servizio Sociale” di G. Pieroni e M. Dal Pra Ponticelli, che negli anni ’60 si contavano fino a 40.000 enti dediti al supporto di specifiche categorie (ciechi, invalidi, pensionati), ma le loro competenze spesso si sovrapponevano, e le spese amministrative assorbivano gran parte del bilancio, ignorando le persone che dovevano aiutare.

Ottimi progressi però li abbiamo verso la fine degli anni ’70, con le prime leggi che menzionavano i “servizi sociali” in alcuni ambiti delle competenze degli enti locali. Vero protagonista di questa legge era il Comune, che essendo l’ente più vicino ai cittadini, era deputato a somministrare le prestazioni sociali in modo efficace sul territorio.

Nel ’78 vengono individuati i primi assistenti sociali professionisti nelle neonate USL, che dovevano occuparsi dei problemi sanitari con rilevanza sociale (handicap, tutela di infanzia e maternità, tossicodipendenza, etc).

Le riforme e i miglioramenti si sono susseguiti negli anni fino ai giorni nostri, per poi incontrare un brusco stop a causa delle scelte della politica che ha sempre meno investito nei servizi sociali.

Ci sono stati come sappiamo sempre più tagli alle risorse, e sempre meno finanziamenti dallo Stato centrale, a tal punto da chiedersi quanto siano effettivamente utili gli assistenti sociali in alcuni enti particolarmente deboli sotto il profilo economico.

Farsi sentire dentro le istituzioni

Il codice deontologico parla chiaramente di “ruolo politico” ed è da questo che bisogna ripartire.

Il lavoro dell’assistente sociale non può prescindere dalle critiche al sistema se il sistema è sbagliato.  Quindi gli assistenti sociali inseriti nei sistemi burocratici devono ritrovare il loro mandato professionale e farsi sentire. Dove c’è necessità di risorse, devono essere richieste. Dove c’è necessità di razionalità di spesa, deve essere fatta.

Ritrovare il proprio ruolo non farà solo bene alla collettività, che si vede servizi più efficienti, ma agli assistenti sociali stessi, che vedranno il loro ruolo non più sottovalutato, aumentando il proprio benessere psicologico e la gratificazione personale. 


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