Partecipazione e promozione del benessere sociale - PARTE I

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Partecipazione e promozione del benessere sociale - PARTE I

Essere assistenti sociali nella società. Meri esecutori e compiti burocratici. Obbligo deontologico, con e per la comunità.

Quale responsabilità?

Quando si parla di servizio sociale di comunità, non possiamo non partire dal porci alcune domande di natura deontologica su quello che è il “dover essere” degli assistenti sociali nei confronti della società. Anche se il servizio sociale italiano ha nei suoi albori una ricca e luminosa storia di presenza sociale, nelle fabbriche, nei quartieri, nelle strade… non possiamo negare che negli ultimi decenni la pratica professionale sia stata in grandissima parte assorbita dalla “presa in carico” delle singole situazioni di bisogno.

«Gli assistenti sociali “devono osservare” i principi e le regole [...], il cui rispetto è vincolante per “obbligo deontologico”»

 

Alcune considerazioni

Questa scarsa presenza sociale negli ultimi anni si è ulteriormente amplificata, come chiaramente evidenzia Elena Allegri in un testo del 2015 edito da Carocci. Allegri segnala quanto gli assistenti sociali «seppur consapevoli della necessità di lavorare nel territorio con i diversi attori che ne fanno parte, tendano a rispondere in prima istanza alle richieste dell’organizzazione».1 Questo fa sì che essi rischiano frequentemente di trasformarsi in meri esecutori di compiti burocratici.2

A confermare in modo inequivocabile queste preoccupanti tendenze sono i dati di alcune ricerche empiriche. Basta citare quella realizzata dal Ministero dell’Università, dell’Istruzione e della Ricerca su un campione di un migliaio di assistenti sociali e coordinata da Carla Facchini la quale, in un testo edito nel 2010 dal Il Mulino, segnala che al lavoro di rete e di comunità viene dedicato meno del 15% delle ore totali di lavoro degli assistenti sociali.3

Anche Annamaria Campanini denuncia il rischio che «la prevalenza di un orientamento rivolto all’aiuto alla persona metta in ombra aspetti di grande importanza che riguardano […] le azioni di policy practice indispensabili perché la professione non tradisca i valori fondanti e la mission».4

Obblighi e rinunce

Ma perché questa limitata attenzione alla dimensione sociale? La risposta, quasi unanime, degli assistenti sociali è che questa defaillance dipende dalla grave mancanza di tempo e dallo strutturale affaticamento e sovraccarico che accompagna la pratica professionale. Si tratta di una denuncia giusta… non di rado, infatti, le istituzioni e organizzazioni nelle quali operano gli assistenti sociali non contemplano assolutamente la realizzazione di attività di comunità. E anche quando tali enti giungono a «chiedere, o concedere, [agli assistenti sociali] di impegnarsi in attività a livello collettivo e nella comunità […] quasi mai prevedono un tempo di lavoro riconosciuto da dedicare a tale scopo».

Al contempo dobbiamo anche evidenziare che non di rado emerge la mancanza negli assistenti sociali di una piena comprensione della propria identità e del proprio ruolo di fronte alla società, il che genera una rinuncia “troppo veloce” all’impegno di presidiare questi aspetti. Come pure è poco diffusa la consapevolezza di quanto un lavoro di comunità ben condotto possa man mano attivare alleanze e risorse nuove, capaci di sostenere e integrare l’intervento dei servizi sociali, rendendolo sempre più efficace e, in qualche modo, sempre più leggero e sostenibile, non solo sul fronte della spesa pubblica ma anche del carico operativo ed emotivo degli assistenti sociali.

Per analizzare il profilo della responsabilità attribuita all’assistente sociale nei confronti della società addentriamoci nei contenuti del Titolo IV del Codice Deontologico. Lo facciamo consapevoli di quanto sancisce il Titolo I del Codice e cioè che gli assistenti sociali “devono osservare” i principi e le regole in esso sanciti,6 il cui rispetto è vincolante per “obbligo deontologico”.7 

Partecipazione e promozione del benessere sociale sono dunque due i “concetti chiave” intorno ai quali ruotano i successivi otto articoli: la responsabilità di favorire la partecipazione attiva delle persone alla vita sociale; la responsabilità di promuovere il benessere della comunità nel suo insieme. Si tratta di due angolature che Pieroni e Dal Pra Ponticelli definiscono «con e per la comunità».8

 

Editing dell’articolo a cura di Serena Vitale

 

Note:

1 ALLEGRI Elena, Il servizio sociale di comunità, Carocci Faber, Roma, 2015, 19.

2 Cf. ibidem.

3 FACCHINI Carla, Tra impegno e professione. Gli assistenti sociali come soggetti del welfare, Il Mulino, Bologna, 2010.

4 CAMPANINI Annamaria, Prefazione, in Il servizio sociale di comunità, Carocci Faber, Roma, 2015, 9-10.

5 ALLEGRI Il servizio sociale di comunità, 19.

6 Cf. Codice Deontologico degli Assistenti Sociali, art. 1.

7 Cf. ivi, art. 3.

8 PIERONI Gloria, DAL PRA PONTICELLI Maria, Introduzione al servizio sociale. Storia, principi e deontologia, Carocci Faber, Roma, 206.


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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