Progetto CEC: Comunità Educanti con i Carcerati

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Progetto CEC: Comunità Educanti con i Carcerati

Devianza, recupero sociale, Peer education: un'alternativa al sistema penitenziario tradizionale. L'efficacia e l'efficienza del lavoro di comunità.

Cos’è il Progetto CEC?

Il Progetto "Comunità Educante con i Carcerati" nasce dall’incontro tra la Comunità Religiosa Papa Giovanni XXIII e i detenuti del territorio italiano ed estero, sulla base dell'esperienza e della sperimentazione promossa dall' Apac - Associazione di protezione e assistenza ai condannati -, un'alternativa al tradizionale sistema di detenzione.

Per comprendere appieno cos'è, nel concreto, il progetto CEC, ripenso - e ripropongo - alle parole di Giorgio Pieri, responsabile dello stesso. Bisogna, innanzitutto, sviluppare per esteso l'acronimo:

·         “Comunità”: al suo interno vi sono operatori, volontari e detenuti. Gli operatori sono il motore della comunità, in quanto hanno intrapreso la sfida di voler offrire a coloro che hanno commesso un reato una realtà diversa da quella del carcere. I volontari sono persone che frequentano la struttura e che danno modo di confermare che è possibile abbattere quei pregiudizi che gravano sugli ospiti della casa. Infine, ci sono i detenuti: persone che hanno scelto di intraprendere un vero e proprio percorso di cambiamento. Essi sono la parte attiva del progetto.

·         “Educante”: dal latino “ex-ducere”, ossia "trarre fuori", è questo il fulcro dell'intero progetto. L'obiettivo è "tirar fuori" la versione migliore delle persone, consentendo loro di ritrovare se stessi e la propria strada.

·         “Con i Carcerati”: la loro è un'educazione tra pari, gli uni imparano dagli altri. È un percorso orientato dalla fede e dal lavoro. Le loro azioni ricordano la metafora della fenice che risorge dalle proprie ceneri, mettendo un punto alla vita passata.

Ma perché è importante che la comunità sia al centro di tutto questo? Diceva Don Oreste Benzi: «Nello sbaglio di uno, c'è lo sbaglio di tutti e per recuperare uno ci vuole il coinvolgimento di tutti».

 <<L’uomo non è il suo errore! E’ necessario passare dalla certezza della pena alla certezza del recupero>>

Una nuova vita

Ciò che accomuna le persone che hanno commesso un reato è, spesso, la mancanza di una rete di supporto - sia familiare che amicale - e di un'adeguata istruzione, entrambe talvolta correlate ad uno stato di  abbandono e di violenza appresa,  in quanto chi non s'adegua a quest'ultima corre il rischio di essere discriminato e allontanato dallo stesso contesto, senza dubbio disfunzionale: essi sono dunque incentivati a ricorrere all'utilizzo di azioni devianti. È a questo punto che entra in gioco il Progetto CEC, che mira a valorizzare le capacità e le potenzialità latenti di ogni singolo ospite e a creare e consolidare nuovi legami, favorendo le attività relazionali e fornendo loro gli strumenti per la nuova vita “oltre le sbarre”.

Il progetto, tuttavia, non è adatto a tutti. Spesso, i detenuti effettuano la richiesta per entrare in comunità poiché credono questa sia un modo per evadere dalla vita poco facile che si cela dietro quei cancelli di ferro, che senza dubbio ricorda loro di non essere uomini liberi. Quando, però, sperimentano l'intenso lavoro fisico, emotivo e spirituale della comunità, capita che gli stessi richiedano la revoca per tornare nelle strutture penitenziarie tradizionali.

«L'uomo non è il suo errore»: inclusione e reinserimento sociale

Il Progetto "Comunità Educanti con i Carcerati" mira a ripristinare quella che era la funzione originaria del sistema penitenziario: riabilitare e re-inserire nella società i detenuti. E se l’anagramma della parola carcere è"cercare" , il Progetto CEC lo ha reso possibile: è importante cercare un’alternativa che ricordi agli uomini di essere persone, perché «L’uomo non è il suo errore».

Tuttavia, nonostante gli ottimi risultati - in termini di recidiva - del progetto (pari soltanto all'8% di coloro che hanno portato al termine il percorso, rispetto alla media nazionale del 70-75% post carcere), purtroppo esso non è riconosciuto a livello istituzionale, ragion per cui si ricorre all'autofinanziamento.

 

Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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