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Rilanciare la propria vita: l’istituto della messa alla prova per i minorenni che commettono reato - PARTE I
Rilanciare la propria vita. Valutazione della personalità: messa alla prova. Fasi, risvolti educativi, sociali e operativi.
Un nuovo disegno di vita
Commettere un reato, specialmente in età adolescenziale, non può segnare definitivamente il percorso di vita dei ragazzi. Per questo motivo il ministero, i servizi dell’USSM, i servizi comunali e il privato sociale collaborano in un progetto che permetta ai ragazzi di rilanciare la propria vita. Accompagnati in un percorso perfettamente predisposto, i ragazzi potranno rilanciare la propria vita.
«Il progetto non è una scatola dai lati predeterminabili nei quali costringere il ragazzo.[1]»
La messa alla prova per minorenni commissori di reato
Il 22 settembre 1988 il mondo giudiziario in ambito minorile arriva ad un importante traguardo. Con l’approvazione del D.P.R 448 (Disposizioni sul processo penale a carico dei minorenni) si determina una svolta decisiva nei confronti della visione del minorenne imputato di reato.
Viene introdotto il nuovo istituto della messa alla prova. A partire dalla consapevolezza della complessità della fase di vita adolescenziale, si abbraccia una visione olistica del minorenne che ha bisogno di fare luce su quei lati del suo processo di sviluppo che lo hanno portato a commettere l’errore.
La disposizione di questo istituto da parte del giudice poggia su una generale fiducia nelle capacità dei ragazzi di riuscire ad attuare un effettivo e radicale cambiamento nella propria vita senza dover incorrere in pene istituzionalizzanti. Operativamente si prevede la sospensione del processo nei confronti del minore con l’obiettivo di permettere una valutazione della personalità nell’arco di un anno o, in casi particolari, tre anni. Al termine della prova il giudice potrà decidere di estinguere il reato.
La valutazione di fattibilità
Come primissima azione è indispensabile una valutazione preliminare con l’obiettivo di conoscere l’effettiva fattibilità del progetto. La corretta predisposizione di questa prima fase porta con sé una buona parte della responsabilità nei riguardi della buona riuscita del percorso di rilancio della vita del minorenne.
Perché venga a generarsi il processo c’è bisogno di due presupposti fondamentali: l’assunzione di responsabilità e la disponibilità del ragazzo ad intraprendere un percorso di cambiamento[1]. Questi presupposti sono frutto di un percorso attraverso il quale tutti i professionisti coinvolti, la famiglia e l’intero ambiente di vita stimolano e accompagnano il minorenne al riconoscimento dell’errore e predispongono un terreno fertile sul quale coltivare la propensione al cambiamento.
Il rischio di fallire è una possibilità concreta, in particolare in riferimento al fatto che la spinta del minore a mettersi in gioco potrebbe, in alcuni casi, avere l’unico obiettivo di evitare sanzioni maggiormente afflittive. Cogliere, in cooperazione con le famiglie, i reali bisogni segnalati attraverso la commissione del reato permette di capirne il senso e alimentare la motivazione al cambiamento.
Bibliografia:
Ciaschini Ugo, Servizio sociale minorile e giustizia penale, Carcci editore, Roma, 2012.
DPR 448/88, Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.
Note:
[1] Ciaschini Ugo, Servizio sociale minorile e giustizia penale, Carcci editore, Roma, 2012, p. 184
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