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Sportello sociale: una porta sulla strada per sentirti meno solo
Aspirante assistente sociale e ricerca dell’ente. Associazione quartieri spagnoli: lavoro d’équipe, sportello sociale, sostegno e ascolto.
Quando tutto è iniziato
Ricordo perfettamente quando durante il mio secondo anno di università, arrivò il fatidico momento di iniziare il mio primo tirocinio come aspirante assistente sociale. Un momento tanto atteso, scorrevo per ore ed ore la lista degli enti convenzionati con la mia università, per scegliere quello che mi avrebbe ospitato come tirocinante per mettere in pratica ciò che avevo imparato.
«Non chiederti chi sono gli altri per essere aiutati? Chiediti chi sono io per non aiutarli?»
La ricerca dell’ente
La lista, che spulciavo con cura, presentava nomi di tanti enti pubblici: Comune, Sert, ASL. Più leggevo e più mi chiedevo se fosse la cosa giusta per me. Io volevo “sporcarmi” le mani, volevo piangere, sorridere, ma soprattutto volevo vivere la mia esperienza a 360 gradi.
Dopo varie ricerche, finalmente trovai quella che faceva al caso mio. L’ente si trovava vicino casa mia, scelta ottimale, sia per la vicinanza, sia perché non avevo mai vissuto a pieno il mio quartiere, fino ad allora. Sono nata nel cuore di Napoli, sui “famosi” quartieri spagnoli, eppure, ho sempre conosciuto solo la strada di casa mia.
Iniziai questo percorso con la paura di non esserne all’altezza, di non essere in grado di sostenere in modo così ravvicinato il confronto con persone che ritenevano io fossi un angelo custode sceso dal cielo.
Le attività
Carattere fondante “dell’Associazione quartieri spagnoli”, è il lavoro d’equipe. Il singolo operatore sociale è affiancato e sostenuto dalle altre figure professionali come psicologi, educatori e assistenti sociali, i quali si passano le informazioni necessarie, cosicché possa aversi al termine, un quadro lucido e completo del problema.
L’attività fondamentale di questa associazione è il dare ascolto e sostegno alle persone che lo richiedono, ecco perché, la presenza di uno sportello sociale è ciò che mi ha affascinato e convinto ad iniziare questo percorso.
“È una missione. Torno la sera distrutta, con il cervello colmo di informazioni, eppure sono felice, perché so che per rendere felici le persone basta poco” Dice Anna Stanco, fondatrice dell’associazione. Una donna che ha dedicato la sua intera vita alla protezione sociale dei più deboli.
La persona bisognosa di aiuto viene accolta, ascoltata e accompagnata in tutto il percorso. Partire dal basso, toccare con mano l’esperienza, osservare i volti, parlare con tutti, aiutare tutti allo stesso modo, sono i pilastri dell’associazione.
La mia esperienza
È estremamente complicato raccontare cosa ho vissuto in quei mesi. Ci sono cose che non si possono spiegare, ma si devono solo vivere. È stata davvero una esperienza fantastica, un qualcosa, che ha cambiato completamente il mio modo di vedere il quartiere, perché ora non vedo solo volti ma persone.
Ho imparato a non giudicare il libro dalla copertina, ho imparato che nella maggior parte dei casi, le persone che hanno più bisogno si ritirano nel proprio guscio, ed è lì che bisogna intervenire.
Ho imparato che l’assistente sociale non è solo la figura di cui tutti hanno paura, anzi, è un amico del quartiere. Ho capito che collaborando si vince. Ma cosa più importante, ho capito che in futuro, non riuscirei mai a vedermi in nessun altro posto se non in quello.
Mi piacerebbe concludere il presente articolo con una citazione di Madre Teresa di Calcutta: “Non Sapremo mai quanto può fare bene un semplice sorriso”, con la speranza che attraverso le mie parole sia riuscita in qualche modo a dare luce ad una parte di Napoli, nascosta ma ben presente.
Francesca Sceral nata a Napoli il 10/06/1998; studentessa triennale presso la Federico II di Napoli, corso Servizio Sociale, facoltà Scienze Politiche.
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