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Rilanciare la supervisione professionale: impegno formativo nell’agenda della Comunità professionale e delle Università
Riflessione critica, approccio riflessivo e prevenzione alla demotivazione professionale. Tempo congruo di teoria e pratica. Approccio riflessivo, urgenze sociali, pandemia sociale, investimenti, albo di supervisori assistenti sociali, corso di perfezionamento
Qualità della pratica professionale
Il presente articolo intende raccontare l’importanza della supervisione professionale e le nuove sfide poste dal contesto attuale. Mette in rilievo l’esperienza dell’Università di Firenze nella costruzione del Corso di perfezionamentoLa supervisione nel servizio sociale dando rilevanza all’impegno delle Università nell’ambito della supervisione; inoltre, getta le basi per risponde ad un’esigenza, rimasta inevasa da anni, di costruire percorsi formativi per il ruolo di supervisore professionale.
«La supervisione professionale ha delle ragioni etiche, umane e scientifiche»
Una virtù etica
La supervisione professionale è considerata in servizio sociale uno strumento ormai consolidato grazie al quale l’assistente sociale che ne beneficia può compiere un processo di riflessione critica su aspetti etici, metodologici e relazionali.
Ad oggi in Italia sempre più professionisti chiedono e sentono la responsabilità di affrontare percorsi di supervisione come indica il Nuovo Codice Deontologico, ma mancano ancora sufficienti assistenti sociali pronti a rispondere e colmare, quella che io definirei, una virtù etica.
Per questo motivo la comunità professionale e le Università si stanno muovendo per dar risposta a questa esigenza. Un esempio può essere il corso di perfezionamento istituito presso la Scuola di Scienze Politiche di Firenze “La supervisione in Servizio Sociale.”
Perché investire nella supervisione professionale
L’approccio riflessivo utilizzato in supervisione abbraccia molte dimensioni dell’operatività del servizio sociale professionale: la dimensione teorica-metodologica, istituzionale-organizzativa, relazionale e deontologica. L’assistente sociale che ne beneficia è guidato un esperto e sostenuto dal gruppo dei colleghi e insieme si tenta di costruire maggiori conoscenze e competenze che mirino alla qualità della relazione di aiuto e all’appropriatezza degli interventi nel rispetto di un rigore etico.
La supervisione risulta uno strumento efficace anche per la prevenzione alla demotivazione professionale perché diventa spazio nel quale ogni assistente sociale deposita le proprie emozioni e frustrazioni per comprenderle e rielaborarle. Pertanto un’organizzazione attenta alla salute dei propri assistenti sociali e alla qualità dei servizi e prestazioni che eroga sarebbe chiamata fortemente a garantire questo specifico supporto per la qualità della pratica professionale.
Quanta supervisione per gli assistenti sociali
Per anni la crisi istituzionale e socio-economica del Sistema di Welfare, e i conseguenti tagli che ne sono derivati, ha ridotto fortemente la possibilità di accesso alla supervisione per gli assistenti sociali, non considerando gli effetti sul loro benessere e lo svilimento del loro approccio riflessivo all’attività professionale.
Questa cultura intorno alla supervisione non ha fatto altro che rafforzare e privilegiare le risposte alle urgenze sociali in un’ottica riparativa e residuale. Le esperienze di supervisione che si sono susseguite negli anni sono spesso nate sotto la spinta di singoli assistenti sociali o gruppi di professioni, piuttosto che su richiesta di enti e organizzazioni, ad indicare proprio che il livello istituzionale non è mai riuscito a pensarla all’interno dei sistemi organizzativi come obiettivo e strumento strutturale a sostegno della qualità della pratica professionale.
Rilanciare la supervisione
Recentemente l’attenzione per la supervisione si è riaccesa. In questo delicato momento storico, segnato da una pandemia sanitaria mondiale che progressivamente prende la forma di pandemia sociale, gli assistenti sociali si trovano a dover fronteggiare vecchie e nuove povertà, a toccar con mano periferie esistenziali e complesse vulnerabilità individuali e sociali.
La pandemia ha però costituito un’opportunità che rimette al centro gli investimenti sull’inclusione e la coesione sociale e riconosce la supervisione come principale strumento a sostegno e rafforzamento del ruolo dell’assistente sociale in questa missione di contrasto alla povertà e alle disuguaglianze. Ciò si evince dal PNRR che non ne fa solo un principio enunciativo ma ne destina specifiche risorse alle istituzioni perché la supervisione sia garantita e strutturale
La nuova sfida
Il PNRR ci pone una grande opportunità ma anche una sfida altrettanto ardua, quella di fortificare la cultura intorno alla supervisione professionale e formare supervisori assistenti sociali competenti e soprattutto in numero sufficiente sul territorio Italiano a coprire la domanda. Ad oggi in Italia, infatti, non esiste ancora un albo dei supervisori assistenti sociali e quantomeno corsi di specializzazione specifichi per la formazione di supervisori in servizio sociale.
In questa Cornice assume rilevanza l’esperienza dell’Università di Firenze che ha istituito nel mese di ottobre un corso di perfezionamento “La supervisione nel servizio sociale” destinato ad assistenti sociali in attività, propriocon l’obiettivo primario di costruire conoscenze approfondite in questo ambito. Il corso si è diviso in due moduli e tenta di affrontare tutti gli aspetti della supervisione dando maggiore rilevanza alcune tematiche: la metodologia del lavoro sociale, la centralità del processo di aiuto, la definizione del ruolo dell’assistente sociale, la dimensione del gruppo professionale come luogo di riflessione e di condivisione metodologica.
Sotto la direzione della Prof. Maria Paola Monaco, Presidente del Corso di Laurea in Servizio sociale presso l’Università di Firenze, sono intervenuti docenti autorevoli e supervisori esperti per trattare le tematiche fondanti della supervisione: l’etica, la ricaduta sulla pratica professionale, la gestione delle emozioni, il processo di auto e etero valutazione delle performance fino a definire le caratteristiche del buon supervisore e in quale rapporto si pone con i professionisti e i committenti.
Il corso ancora non rilascia il titolo abilitante di supervisore professionale poiché, come possiamo facilmente comprendere, la formazione di un buon supervisore necessita di un tempo congruo di teoria e pratica; possiamo sostenere, però, che apra un varco per poter iniziare a progettare percorsi specifici per la formazione di supervisori in Servizio Sociale.
Note:
AM. C. (a cura di) Nuovo dizionario di Servizio Sociale, Carocci, Roma 2013
E. Allegri Valutazione di qualità e supervisione. Connessioni teoriche e strategie operative nel lavoro sociale, Lint Editoriale, Trieste, 2008
E. Cazzaniga La supervisione psico-relazionale nei gruppi di lavoro. in JPS vol. 4 2020
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