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Violenza maschile sulle donne: prospettiva culturale e metodi di intervento
Violenza di genere, questione maschile e cultura patriarcale. Programmi rivolti agli uomini, attivazione diretta dell’aggressore, cessazione del comportamento violento, messa in sicurezza della donna. Doppia competenza degli operatori.
La violenza è un problema delle donne?
La violenza maschile sulle donne è una piaga sociale che viene troppe volte annotata come un problema delle donne. E spesso si riduce in maniera semplificata il fenomeno alla coppia donne vittime/uomini malati-devianti. Essa richiama invece la questione maschile, soprattutto in termini di presa di coscienza del permanere di una cultura patriarcale insinuata negli strati inconsci dell’individuo e della società e visibile nel persistere di una condizione, storicamente ineguale, di profonda disparità nei rapporti tra uomini e donne.
«L’investimento in progetti e servizi rivolti ai responsabili della violenza può ampliare il livello di percezione sociale del fenomeno»
Perché è necessario prevedere dei servizi rivolti ai responsabili delle violenze?
La necessità di osservare la violenza maschile sulle donne in tutte le sue articolazioni, includendo il complesso nodo degli autori, è l’ottica fatta propria dall’Unione europea attraverso la Convenzione di Istanbul.
I programmi rivolti agli uomini che usano violenza nelle relazioni affettive, richiedendo un’attivazione diretta da parte degli aggressori, perché pongano fine alle violenze, facendo chiarezza rispetto a quale sia il soggetto a cui compete la responsabilità dei comportamenti violenti e del loro cambiamento.
Essi aprono un’ottica di prevenzione e quindi di riduzione progressiva del fenomeno, fino alla sua eliminazione. Inoltre, l’investimento in progetti e servizi rivolti ai responsabili della violenza può ampliare il livello di percezione sociale del fenomeno e supportare un crescente e più consapevole coinvolgimento della componente maschile della società nel lavoro di contrasto alla violenza.
La doppia competenza
In questo lavoro tuttavia occorrerà prestare attenzione alla necessità di una doppia competenza, riflessiva e di genere. La prima competenza è una disposizione al dialogo e all’interrogazione di sé stessi, nella consapevolezza che il problema non è fuori di noi, è anche in noi. Il secondo aspetto, invece, è una consapevolezza critica dell’appartenenza ad un universo simbolico e culturale determinato e contestuale. Questa riflessione è utile per comprendere che la formazione degli operatori che a vario titolo lavorano con gli uomini autori di violenza non può essere solo di tipo professionalizzante.
Che cosa prevede il programma di riabilitazione?
Il tratto distintivo di un programma che si dirige a partner violenti è il fatto di operare al fine di far cessare il comportamento violento maschile. La partecipazione può essere volontaria oppure consigliata dal giudice all’uomo già riconosciuto colpevole. In linea generale, la partecipazione volontaria presuppone una maggiore genuinità di motivazione.
I criteri di selezione dei partecipanti ad un programma possono essere diversi ma, generalmente, viene considerata una condizione minima il fatto che il soggetto riconosca di aver commesso violenza e che dimostri un certo grado di motivazione al cambiamento. Quasi sempre, inoltre, si richiede anche l’astensione dall’uso di droga o di alcool.
Il lavoro di gruppo viene generalmente preferito a quello individuale anche se molti centri usano entrambe le modalità. C’è accordo generale sulla necessità di lavorare su tutte le forme di violenza.
Contenuti, fasi e obiettivi del programma
I contenuti concreti di un programma, cioè i temi sviluppati nelle singole sessioni, variano a seconda dell’approccio adottato. I programmi più diffusi affrontano generalmente il problema dell’uso della violenza, l’esercizio di potere e di controllo da parte dell’uomo all’interno della coppia, la questione del genere e quindi dei comportamenti e degli atteggiamenti sessisti, le strategie di minimizzazione, di negazione e di proiezione della colpa sulla partner, la violenza sessuale e psicologica.
Le fasi di sviluppo di un programma possono comprendere: l’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé; la messa in discussione di atteggiamenti, comportamenti e valori; l’apprendimento di nuove modalità di comportamenti non violente; i legami fra la storia personale del soggetto e l’esercizio attuale della violenza; lo sviluppo della capacità di riconoscere i danni inflitti alle vittime (donne e bambini); il monitoraggio dei risultati.
Tutti i programmi condividono come obiettivo a monte la messa in sicurezza della donna e dei bambini, attraverso la richiesta all’uomo di sottoscrivere un contratto in cui si impegna a non usare violenza durante la partecipazione e l’accettazione che i suoi racconti non restino riservati.
Psicologo, psicoterapeuta, istruttore di mindfulness e Presidente dell’Associazione A Voce Alta Salerno. Dal 2016 è membro dell’equipe del Centro Time Out, ambulatorio dell’ASL Salerno dedicato al trattamento dei comportamenti violenti maschili. Svolge attività di supervisione e formazione ad operatori di strutture pubbliche e private.
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