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L'Assistente sociale all'interno delle carceri: recupero sociale dei condannati
Carceri: rieducazione e recupero sociale. Pena: rinascere una seconda volta. UEPE e Assistenti sociali
Carceri: problemi e conseguenze
Negli ultimi vent’anni, abbiamo visto come l’assistente sociale all’interno delle carceri, sia diventato una figura di grande rilievo. Tutto ciò dovuto anche alle varie problematiche sorte all’interno degli istituti penitenziari stessi che hanno portato a:
Sovraffollamento carcerario;
Aggiunta di nuove pene;
Assenza di personale penitenziario.
« Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato »
Il fine ultimo: rieducazione
Il DAP (dipartimento amministrazione penitenziaria) ha voluto far fronte a queste problematiche, inserendo sempre di più come figura di riferimento nell’organico, l’assistente sociale, bandendo concorsi pubblici che potessero quanto meno tamponare l’assenza di personale penitenziario. Si è visto come negli ultimi anni questo professionista sia diventato sempre di più un punto cardine per il recupero sociale del condannato.
Grazie agli strumenti tecnici acquisiti durante il percorso di studio e grazie anche all’esperienza sul campo, l’assistente sociale è la figura più idonea a mettere in atto un lavoro che sia coerente con ciò che viene descritto all’art. 27 comma 3 della nostra Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
È importante per il condannato il recupero sociale affinché, una volta scontata la pena, sia in grado di reintegrarsi nella società e soprattutto sia in grado di dare una svolta alla sua vita; per questo non deve mai essere lasciato indietro né lasciato solo.
La pena nella sua accezione positiva
Di fondamentale importanza deve essere per tutti capire che la pena non è uno stigma sociale, non è estraneazione sociale, non è condanna eterna, perché chi ha pagato con la propria libertà ha il diritto di poter cambiare vita e “rinascere una seconda volta”.
La pena deve essere vista come assunzione di responsabilità da parte del welfare penale per far si che il condannato paghi i suoi sbagli attraverso una condanna che miri al suo recupero sociale.
L’assistente sociale in quale momento dell’intervento penale interviene?
Qual è la sua mansione all’interno degli istituti penitenziari?
In tutti i reati come ad esempio: reati di violenza sessuale sui minorenni/maggiorenni ect., l’assistente sociale interviene dall’inizio alla fine, ovvero fino all’esecuzione della pena.
All'interno del carcere, l’assistente sociale partecipa alle attività ai fini dell'osservazione della personalità dei detenuti e apporta il suo contributo in seno all'equipe di osservazione e trattamento per la stesura del relativo programma individualizzato; con riferimento all’UEPE (uffici di esecuzione penale esterna) e allo strumento della MAP (messa alla prova).
Gli UEPE
La competenza centrale degli UEPE è quella relativa alla concessione, proroga, modifica e gestione delle Misure Alternative alla Detenzione (Affidamento in Prova al Servizio Sociale, Affidamento in casi particolari, Detenzione Domiciliare e Semilibertà), e alla concessione, modifica, proroga delle Misure di Sicurezza detentive e non detentive e dei permessi premio.
Negli ultimi tempi, con l’introduzione della messa alla prova per adulti ad opera della legge 67/2014, l’assistente sociale dell’UEPE si occupa, inoltre, di curare l’indagine sociale per la concessione della sospensione del procedimento penale con messa alla prova.
La messa alla prova per adulti
Si tratta di una causa di estinzione del reato; consiste nella prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato tramite l’affidamento dell’imputato ai servizi sociali, il risarcimento del danno alla persona offesa e la prestazione di lavoro di pubblica utilità. In pratica, la messa alla prova prevede e consente l’estinzione (cioè la cancellazione) del reato senza ulteriori condanne; inoltre, non può essere concessa per più di una volta ed è esclusa nei casi in cui l’imputato sia stato dichiarato dal giudice, delinquente abituale o per tendenza.
Una professione essenziale
Concludiamo il discorso con una citazione della Sociologa Mary Richmond, per ribadire quanto la professione del Servizio Sociale sia essenziale per dareuna seconda possibilità a persone che per svariati fattori e coincidenze, nella vita hanno fatto sbagli e, nonostante ciò, hanno espiato la propria pena.
“Il buon assistente sociale è colui che non si presta meccanicamente ad aiutare una persona caduta in un fosso tirandola fuori, ma quello che innanzitutto si <<ferma a riflettere>> sul perché e sul modo in cui questa vi sia finita dentro (Social Diagnosis)”.
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Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)