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Tutela minorile e de-istituzionalizzazione: il percorso normativo nazionale.
De-istituzionalizzazione dell’infanzia
Prima di delineare l’evoluzione internazionale del diritto del minore a crescere in famiglia, è necessario considerare un fenomeno da sempre rilevante, ovvero quello dell’abbandono e del maltrattamento dei minori da parte dei familiari e del loro successivo collocamento in istituti appositi. Una tappa fondamentale da cui dobbiamo necessariamente partire, che ha rappresentato una risoluzione della situazione appena delineata, è stata la “de-istituzionalizzazione dell’infanzia”: una tappa lunga e complessa, spesso caratterizzata da interventi tardivi.
<<L’allontanamento definitivo del minore dalla propria famiglia d’origine si configura come extrema ratio>>
Evoluzione internazionale del diritto dei minorenni a crescere in famiglia
La convenzione ONU sui diritti dell’infanzia è stata approvata solo nel 1989. All’articolo 9, essa ha sancito il diritto del minore a vivere nella propria famiglia e ha sottolineato fortemente che, il possibile allontanamento, può essere posto in essere soltanto laddove le autorità competenti decidano di proteggere e tutelare il preminente interesse del minorenne.
Il processo di de-istituzionalizzazione, inoltre, ha condotto all’introduzione della Legge 184/1983 che sancito esplicitamente il diritto del minore di crescere ed essere educato nella propria famiglia; che le sole condizioni di indigenza dei genitori non possono rappresentare esclusiva causa di allontanamento del bambino o del ragazzo e che, Stato, Regioni ed enti locali devono sostenere i nuclei familiari che presentano fattori di rischio.
Qualora la famiglia non riesca a garantire gli interessi del minorenne nonostante varie azioni di supporto, la normativa prevede una serie di interventi secondo un principio di gradualità: dapprima l’affidamento familiare, poi il successivo ed eventuale collocamento in una comunità di tipo familiare e, ancora, esclusivamente nei casi di difficoltà non transitorie caratterizzate da abbandono materiale e morale in cui si escludono cause di forza maggiore, il ricorso all’istituto dell’adozione presso un'altra famiglia.
Il percorso normativo nazionale
Tra il 2006 e il 2009 si è giunti alla definitiva chiusura delle strutture ancora attive ed al completo ricorso ad altre forme di alternative care ritenute più adeguate ai bisogni evolutivi dei bambini e dei ragazzi.
Nel 2012 è stato poi ulteriormente rilanciato il tema della tutela del diritto dei bambini e dei ragazzi a crescere in famiglia allorquando la Conferenza Unificata Stato, Regioni e province autonome e autonomie locali ha approvato le Linee di indirizzo per l’affidamento familiare, redatte da un tavolo inter-istituzionale presieduto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Nel 2015 è stato attuato un ulteriore intervento sul tema della tutela del diritto alla famiglia. È stata approvata, infatti, la legge n.173 in materia di continuità affettiva. Seguono, nel dicembre 2017, l’emanazione della legge 47/2017 ̶ che invita a favorire la pratica dell’affidamento familiare per i minorenni stranieri non accompagnati ̶ e l’approvazione, da parte della Conferenza Unificata, delle Linee di indirizzo nazionali per l’accoglienza nei servizi residenziali per i minorenni, miranti a favorire un processo di innalzamento qualitativo del sistema delle comunità educative e delle “case famiglia”, e delle Linee di indirizzo per l’intervento con bambini e famiglie in situazioni di vulnerabilità, volte a promuovere la “genitorialità positiva” e a prevenire le cause degli allontanamenti.
Nel nostro ordinamento giuridico, dunque, possiamo senza dubbio affermare, tenuto conto dell’attuale quadro normativo, che l’allontanamento definitivo del minore dalla propria famiglia d’origine si configura come extrema ratio.
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NOTE
Estratto del libro di M.Giordano, "Promuovere l'AffidamentoFamiliare - Buone prassi e indicazioni metodologiche per l'intervento deiServizi Sociali", Franco Angeli, 2019, pp. 43-49
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