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Non sempre, specie durante i primi contatti con il Servizio Sociale le persone ammettono di essere “dipendenti” da sostanze. Nel colloquio non dobbiamo focalizzarci sull’obiettivo di far prendere consapevolezza di aver sviluppato un disturbo di dipendenza.[2] Una prematura insistenza su questo aspetto comprometterebbe lo sviluppo della relazione tra persona e Assistente Sociale.Â
Accettare, ascoltare attivamente l’altro e non giudicare saranno i tre imperativi che, nel colloquio con le persone con problemi di dipendenza, l’Assistente Sociale dovrà seguire per arrivare a supportarne il cambiamento.
Non ci aspettiamo dunque che il primo contatto con l’utenza comporti automaticamente l’ammissione della condizione di dipendenza. Occorre piuttosto dedicare tempo ed energie a prestare ascolto al punto di vista delle persone cercando di comprendere cosa pensano rispetto al proprio comportamento.
«Per molte persone con problemi di dipendenza da sostanze, il colloquio in Prefettura è l’unica opportunitĂ per parlare ed essere ascoltati»Â
Passato vs. presenteÂ
Per molto tempo si è agito nei confronti delle persone con problemi di dipendenza basandosi solo sulla loro motivazione. Essere motivati era il requisito sulla base del quale l’Assistente Sociale decideva di intraprendere un percorso riabilitativo. Chi non era motivato o non aveva consapevolezza del proprio disturbo di dipendenza veniva respinto.[3]
Oggi l’agire professionale si orienta in maniera opposta. La motivazione può essere suscitata proprio dalla relazione con il professionista. Come descritto anche nel modello transteorico degli stadi di cambiamento di Prochaska e Di Clemente, le persone durante la relazione con l’operatore attraversano stadi di cambiamento che corrispondono alla loro disponibilitĂ di cambiare.Â
Nello specifico, si passa dalla non contemplazione dell’idea di smettere di utilizzare la sostanza (stadio della precontemplazione) ad impegnarsi concretamente in azioni volte al conseguimento del cambiamento (stadio dell’azione).[4]Â
Il colloquio nel Nucleo Operativo Tossicodipendenze?Â
Comprendere le motivazioni serve al professionista per capire se il comportamento è determinato da stati d’animo di malessere del trasgressore. Nell’incontro si aiuterà la persona a riflettere sulla propria situazione e a contemplare la possibilità di sottoporsi ad un programma terapeutico.
L’Assistente Sociale in Prefettura entra in contatto con variegate situazioni: l’adolescente alle prime esperienze, il dipendente abituale che piĂą volte è stato segnalato. L’Assistente Sociale modellerĂ lo stile relazionale del colloquio in relazione alla persona con cui si interfaccia.Â
Il colloquio può essere il punto d’inizio di un percorso d’aiuto per la persona, che non solo prevedrà l’invio al SerD per l’avvio di un programma terapeutico, ma potrebbe comportare un miglioramento generale della sua vita. Per molte persone, spesso, il colloquio in Prefettura è l’unica opportunità che hanno per parlare ed essere ascoltati e per confrontarsi sul proprio comportamento.[6]
[1].Cf. RanieriMaria Luisa, Linee guida e procedure di servizio sociale, Erickson, Trento, 2014, p.403.
[2].Cf. QuerciaValerio, Comprendere la persona con problemi di dipendenza, in Il lavoro sociale nelle dipendenze da alcool e droga, Erickson, Trento, 2014, p. 42.
[3].Cf. Ibidem, p. 56.
[4].Cf. SanfeliciMara, I modelli del servizio sociale, Carocci Faber, Roma,2017, pp.95-96.
[5] L’ufficio N.O.T. (Nucleo Operativo Tossicodipendenze)è istituito presso ogni Prefettura per seguire le attività sociali e di prevenzione nel settore delle tossicodipendenze promosse dal Prefetto anche in collaborazione con altri enti ed istituzioni e per applicare le procedure di recupero e sanzionatorie nei confronti degli assuntori di droghe segnalati al Prefetto dalle Forze di Polizia.
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