La componente pedagogica: un ponte nella mediazione familiare

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La componente pedagogica: un ponte nella mediazione familiare

Rieducare i genitori. Comunicazione assertiva. Ridisegnare una nuova impalcatura di rapporti. Maieutica, dialogo e ascolto.

Scopi e finalitĂ 

La mediazione familiare si può definire un insieme di interventi volti a favorire la risoluzione dei conflitti tra coniugi, creando un clima di corresponsabilità e collaborazione e tenendo conto primariamente dei bisogni dei figli. La componente pedagogica, nella mediazione familiare, mira a ripristinare una comunicazione interrotta[1] attraverso un processo resiliente.

«Metaforicamente possiamo pensare ad un ponte che leghi il passato di una famiglia unita al suo futuro post-separazione»

‍Educare i genitori

La mediazione familiare si fonda su un approccio multidisciplinare, in cui sono presenti varie componenti: sociologica, culturale, psicologica e pedagogica. La componente pedagogica permette una gestione non violenta del conflitto, in cui è fondamentale il processo di empowerment e la valorizzazione delle proprie capacità e risorse.

Questa è rilevante nelle situazioni di separazione e di divorzio, poiché la coppia ha la possibilità di ri-educarsi e di ri-definire il ruolo di ciascuno in una circostanza completamente nuova.

Con il termine “educare i genitori” intendiamo renderli capaci di saper affrontare il conflitto attraverso la logica del win-win (che indica la presenza di soli vincitori all’interno della relazione). Entrambi si impegnano a collaborare per giungere ad un accordo che soddisfi gran parte dei bisogni reciproci.

Il lavoro del mediatore è quindi definito “educativo” in quanto determina una nuova e maggiore consapevolezza ed un effetto positivo immediato per i figli della coppia. Questo permetterà di riesaminare le relazioni famigliari stabilendo una nuova impalcatura di rapporti. [2]

Quanto siamo disposti ad accogliere l’altro?

L’aspetto fondamentale del mediatore familiare è la maieutica. Attraverso questo strumento pedagogico è possibile trarre dal confronto la scoperta di una soluzione. Le persone maturano autonomamente una diversa conoscenza della situazione attraverso il dialogo, riconoscendo l’importanza della verità altrui.

Il termine maieutica deriva dal greco e significa “arte dell’ostetrica”; si riferisce al metodo socratico di aiutare i suoi discepoli a tirar fuori la loro verità. Allo stesso modo il mediatore familiare non propone strade da seguire ma guida le persone a pervenire ad una visione comune.

Gandhi, nel libro “Antiche come le montagne”, affermava che: “La vera educazione consiste nel trarre alla luce il meglio di una persona”. Attraverso la comunicazione nasce quindi una nuova idea di famiglia, basata su un vissuto di esperienze condivise e proiettate al futuro.

Il termine comunicazione deriva dal latino “communicatio” che letteralmente significa “mettere insieme”, cioè entrare in relazione con l’obiettivo di creare una narrazione comune della storia familiare. Attraverso il dialogo si determina un canale di collegamento tra due o più soggetti. Questo canale comunicativo permette di comprendere profondamente cosa l’altro ci vuole esprimere, per poi restituire un feedback delle informazioni che abbiamo raccolto.

L’ascolto è anche sinonimo di “apertura”, nel senso di essere disposti ad accogliere l’altro. La componente pedagogica nella mediazione familiare rende possibile una narrazione, in cui i messaggi non attribuiscono una colpa all’altro di situazioni negative accadute in passato, piuttosto permette di far emergere i bisogni dell’altro e le emozioni alla base del conflitto.

La componente pedagogica consente di colorare la comunicazione e di allenare la persona alla capacità di ascoltare l’altro. Le parole non sono dei suoni neutri bensì delle “pistole cariche”, come le ha definite un filosofo francese Brice Parain, che nel conflitto possono contribuire a far perdere l’obiettivo della comunicazione.

Su cosa si fonda una relazione significativa?

L’assunto da tenere in considerazione è che non è importante focalizzare l’attenzione su cosa si dice piuttosto sulla modalità attraverso cui il nostro pensiero viene espresso, sospendendo in questo modo il giudizio e riconoscendo la differenza della versione altrui.

Il linguaggio che si conosce attraverso la mediazione viene definito assertivo, cioè una comunicazione corretta e sincera di emozioni e desideri. Una relazione significativa si fonda:

- Capacità di saper dire di no (evitando la mistificazione della realtà e determinando una maggiore conoscenza dell’altro, rispettandolo);

- Capacità di accettare un rifiuto (quest’ultimo può nascere anche da una situazione di separazione coniugale e può generare un’offesa. Ciò che si estrapola dalle parole espresse può essere un giudizio sulla persona);

- Critica costruttiva (concentra la comunicazione sull’azione che è stata compiuta in maniera errata e non sulla persona, definendo un miglioramento).

In conclusione, la componente pedagogica ha anche la funzione di alleviare un dolore, una ferita generata da un conflitto o da un evento negativo vissuto dalla persona. La mediazione familiare permette ai soggetti di guardare in maniera costruttiva le proprie ferite, tramutandole in delle risorse.

 

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Note:

[1] Michela Foti e Camilla Targher, Comunicare la separazione ai figli. Dall’affidamento condiviso alla bigenitorialità passando per la mediazione familiare, Giraldi Editore, 2014, p.95

[2] https://pedagogiamo.it/2020/04/26/mediazione-familiare-la-prospettiva-pedagogica/


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