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Deontologia dell’Assistente Sociale: tra incertezza e innovazione
Riflessioni sul nuovo codice deontologico: preambolo, tipologie di lavoro, ruolo politico e sociale, persona, qualità di vita.
Tra incertezza e innovazione deontologica
Dal prossimo 1° giugno 2020 entrerà in vigore il Nuovo Codice Deontologico dell’Assistente Sociale, approvato dal Consiglio Nazionale nel febbraio 2020. Il Codice tuttora vigente era stato emanato nel 2009 (e modificato nel 2016) ed era già la terza versione del primo testo (1998), poi riformato nel 2002. Quattro Codici nell’arco di poco più di vent’anni possono essere considerati eccessivi o sintomo di “incertezza sperimentale”. Ovvero, possono rappresentare la manifestazione di una volontà di innovare, di stare al passo con la storia, di rendere più chiara e migliorare la propria missione professionale.
«Sarà la storia della sua applicazione a dirci quanto quest’ultima versione del Codice sia più aderente alle esigenze del Terzo Millennio»
Ad un primo sguardo…
Immaginare oggi una valutazione del nuovo Codice appare certamente prematuro. Sarà la storia della sua applicazione e della possibilità di tradurre i principi ed il complesso delle indicazioni etiche in esso contenuti, in “vita” della comunità degli Assistenti Sociali, a dirci quanto quest’ultima versione sia più aderente alle esigenze del Terzo Millennio.
Mi limiterò, quindi, solo a formulare alcune osservazioni e riflessioni, in forma rapsodica e senza nessuna pretesa di sistematicità e completezza[1].Guardando alla struttura dei due Codici (il nuovo e quello ancora per poco tempo vigente) appaiono evidenti molteplici novità.[2]
… nuova articolazione del Codice
Il nuovo testo ha un “Preambolo” che, in qualche modo, sintetizza i contenuti del Codice e ne indica le finalità[3].
Se cerchiamo di tenere insieme i due Codici con una lettura comparata, osserviamo che il nuovo testo è composto da 9 Titoli e da 86 articoli, a fronte dei 7 Titoli e 69 articoli del precedente.
Il nuovo Codice introduce un capitolo dedicato ai “Doveri e responsabilità generali dei professionisti” (Titolo III), tematica che nel testo del 2009 veniva declinata nel Capo II (“Regole generali di comportamento dell’assistente sociale”) del Titolo III, che tratta della “Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti della persona utente e cliente”.
Il nuovo testo differenzia le tipologie di lavoro dei professionisti, articolando il Titolo VII, “Responsabilità nell’esercizio delle professione”, in 4 Capi dedicati, rispettivamente, “all'Esercizio della professione in regime subordinato”, “all'Esercizio della professione in ruoli dirigenziali, apicali o di coordinamento”, all’“Esercizio della professione in Società tra professionisti, in Società multi professionale e in regime di libera professione”, “all'Esercizio della professione nel ruolo di consulente tecnico d’ufficio o di parte”. Una articolazione che assume, nel dettaglio, i caratteri e i lineamenti di un Regolamento.
Una professione “fondamentale”
In primo luogo, rispetto ai contenuti, il nuovo Codice sottolinea la rilevanza della figura e del ruolo del professionista: «La professione dell’assistente sociale è fondamentale per garantire i diritti umani e lo sviluppo sociale e, a questo scopo, è normata dallo Stato a tutela della persona e delle comunità; anche per questo, l’assistente sociale è consapevole che la professione è una risorsa da tutelare, che implica doveri e responsabilità». (dal “Preambolo”).
A tal proposito, afferma con chiarezza (art. 7) che «L’assistente sociale riconosce il ruolo politico e sociale della professione e lo esercita agendo con o per conto della persona e delle comunità, entro i limiti dei principi etici della professione».
Al centro la persona
Stabilisce di definire semplicemente “persona” l’interlocutore dell’assistente sociale, in luogo di “persona utente e cliente” come nel testo preesistente, «tranne quando [tali termini] siano connessi al rapporto di committenza instaurato con una Società professionale o multi-professionale o con un libero professionista» (dal “Preambolo”).
Assistente sociale e ICT
Introduce riferimenti al mondo e agli strumenti dell’Information and Communication Technologies(ICT)[4] che, anche nel lavoro sociale, hanno modificato e modificheranno sempre di più le relazioni ed i rapporti fra professionista e persona, fra professionisti e fra questi e gli Attori (pubblici, privati e di Terzo Settore) del sistema/dei sistemi dei Servizi sociali, sociosanitari, del lavoro, dell’istruzione, ecc.
La qualità di vita
Il nuovo codice introduce anche riferimenti all’idea del miglioramento della qualità della vita come obiettivo del professionista[5]. Concetto che, osando un po’ di più, poteva essere integrato da un ulteriore riferimento al benessere (e sviluppo) equo e sostenibile, entrato definitivamente in documenti istituzionali come l’“Agenda 2030”[6], e – attraverso il lavoro dell’ISTAT, sin dal 2013 – nel DEF (Documento di Economia e Finanza), a far data dal 2016[7].
In verità, nell’art. 13 si afferma che “L’assistente sociale concorre alla produzione di modelli di sviluppo rispettosi dell’ambiente, della sostenibilità ecologica e della sopravvivenza sociale, consapevole delle difficoltà nel rapporto tra l’essere umano e l’ambiente”. Ma è un richiamo contorto e confuso dal concetto di “sopravvivenza sociale”.
Famiglia e riflessività
Ancora, chiarisce il concetto di pluralità di famiglie («L’assistente sociale riconosce le famiglie, nelle loro diverse e molteplici forme ed espressioni, nonché i rapporti elettivi di ciascuna persona, come luogo privilegiato di relazioni significative», art. 10), laddove la precedente formulazione si prestava ad ambiguità («… riconosce la famiglia nelle sue diverse forme ed espressioni …», art. 33).
E richiama più volte – come approccio e modalità di lavoro – il concetto e la pratica della riflessività” e dell’auto-riflessione «per garantire il corretto esercizio della professione» (dal “Preambolo”).
Bari, 20 Maggio 2020
[1] Ringrazio il professor Marco Giordano, docente di “Principi e Metodi del Servizio Sociale” in varie Università, per l’invito a riflettere sul Nuovo Codice Deontologico.
[2]i contenuti del presente articolo sono tratti da una più ampia riflessione del prof. Antonio Nappi in corso di pubblicazione presso la Fondazione Zancan.
[3] A sua volta, il “Preambolo” ha una premessa normativa che richiama le Carte internazionali dei Diritti, la Costituzione e le fonti giuridiche europee, le definizioni internazionali di Servizio Sociale, la Dichiarazione di salute dell’Atto Costitutivo dell’OMS.
[4] Ad esempio, nell’art. 3: “I principi, i valori e le regole contenute nel Codice orientano le scelte di comportamento dei professionisti in tutti gli ambiti, a tutti i livelli di responsabilità attribuita, anche quando gli interventi professionali siano effettuati a distanza, via internet o con qualunque altro dispositivo elettronico o telematico.”
[5] “… il professionista si impegna con le persone affinché esse possano raggiungere il miglior livello di benessere possibile, tenuto dell’evoluzione del concetto di qualità della vita” (dal “Preambolo”).
Assistente sociale specialista e formatore, docente di “Principi e Metodi del Servizio Sociale” all’Università di Bari. Autore di ricerche e studi, lavora dal 1991 presso il Nucleo Operativo Tossicodipendenze della Prefettura di Bari. E' stato presidente dell'Ordine Regionale degli assistenti sociali della Puglia. Collabora con la Fondazione FIRSS.
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