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Nuovo Codice Deontologico: riflessioni e perplessità
Riflessioni sul nuovo codice deontologico: genere, povertà economica, lavoro di comunità, solidarietà e sussidiarietà, codici di altri Paesi.
… perché al maschile?
Il prossimo 1° giugno 2020 entrerà in vigore il Nuovo Codice Deontologico dell’Assistente Sociale. Dal confronto con quello ancora per poco tempo vigente appaiono molteplici novità.[1] Rispetto al dibattito in corso da anni sul genere e sulla condizione femminile, appare opinabile – rispetto ad una professione esercitata in percentuale altissima da donne – la scelta di declinare al maschile il termine Assistente Sociale (mantenendo il precedente orientamento del testo), invece di introdurre specificazioni come “le/gli Assistenti Sociali”.
«La “Solidarietà”, dalla Rivoluzione francese (1789) ai giorni nostri, è un principio costituzionale e fondativo della cittadinanza»
… e la questione economica?
Non appaiono chiare le ragioni per cui – nonostante l’acuirsi delle disuguaglianze – si dimentichi (si neghi?) l’importanza del “fattore economico” fra le cause del disagio e delle vulnerabilità: «L’Assistente Sociale riconosce che la capacità di autodeterminarsi della persona può essere ridotta a causa di condizioni individuali, socio culturali, ambientali o giuridiche. In queste situazioni, promuove le condizioni per raggiungere il miglior grado di autodeterminazione possibile…» (art. 27).
Vale qui la pena di ricordare la nostra Costituzione: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». (Cost., art. 3, c. 2).
… e il lavoro di comunità?
In un’epoca di crescente individualismo e di perduranti approcci clinici e pratiche individualizzate (trattazione dei “casi”), il Titolo delle “Responsabilità rispetto alla società” sia stato compresso da otto a quattro articoli, ridimensionando di fatto l’enfasi sul ruolo politico ed il lavoro di comunità del professionista.
… e la solidarietà?
Del tutto incomprensibile, inoltre, appare l’espunzione dal nuovo testo del termine e del concetto (che è, innanzitutto, un principio) di “solidarietà” – affermato nel Codice del 2009 nei Principi: «La professione si fonda sul valore, sulla dignità e sulla unicità di tutte le persone, sul rispetto dei loro diritti universalmente riconosciuti e delle loro qualità originarie, quali libertà, uguaglianza, socialità, solidarietà, partecipazione, nonché sulla affermazione dei principi di giustizia ed equità sociali». (art. 5).
E poi citata nell’art. 33, quale dovere e processo culturale da promuovere: «L’Assistente Sociale deve contribuire a promuovere una cultura della solidarietà e della sussidiarietà, favorendo o promuovendo iniziative di partecipazione volte a costruire un tessuto sociale accogliente e rispettoso dei diritti di tutti…».
… solidarietà vs. sussidiarietà?
Nel nuovo Codice resta un richiamo alla sussidiarietà nell’art. 6: «L’Assistente Sociale afferma i principi della difesa del bene comune, della giustizia e dell’equità sociale e, nel promuovere la cultura della sussidiarietà, della prevenzione e della salute, opera affinché le persone creino relazioni di reciprocità all’interno delle comunità alle quali appartengono».
Ed un passaggio nell’art. 40: L’Assistente Sociale «[…] ricerca la collaborazione dei soggetti attivi in campo sociale, socio-sanitario e sanitario per obiettivi e azioni comuni che rispondano in maniera integrata ai bisogni della comunità, orientando il lavoro a pratiche riflessive e sussidiarie». Anche gli studenti del primo anno del Corso di Servizio Sociale sanno però che solidarietà e sussidiarietà non coincidono. La “Solidarietà”, dalla Rivoluzione francese (1789) ai giorni nostri, è un principio costituzionale e fondativo della cittadinanza[2]. Per il Servizio Sociale, peraltro, questa negazione costituisce una dimenticanza inaccettabile, essendo le stesse matrici della professione di carattere politico-simbolico-solidaristiche[3].
Deontologia di quale Paese?
Infine, costituiva in passato e perdura nel nuovo testo un’aporia connessa all’esercizio della professione in altra Nazione: “L’Assistente Sociale rispetta le norme deontologiche del Paese in cui esercita, osservando le leggi che regolano l’esercizio della professione all’estero” (art. 83). Cosa succede se tali norme e leggi, ad esempio, negano la dignità della persona, se discriminano o sono ispirate da logiche razziste/classiste? O se quella Nazione, da democratica dovesse trasformarsi in una dittatura, con la negazione dei diritti fondamentali?
Sono situazioni limite, si potrà dire. Ma allora non è meglio affermare il criterio della compatibilità? «L’Assistente Sociale rispetta le norme deontologiche del Paese in cui esercita, osservando le leggi che regolano l’esercizio della professione all’estero, in quanto compatibili con i principi deontologici di questo Codice».
Un bel rompicapo, questo, per un Codice che dichiara: «I dilemmi etici sono connaturati all’esercizio della professione». E, quindi, afferma: «L’Assistente Sociale li individua e li affronta evidenziando i valori ed i principi in contrasto» (art. 14).
Bari, 20 Maggio 2020
[1] Nota redazionale: in continuità con il precedente articolo del prof. Antonio Nappi si pubblicano di seguito alcune sue riflessioni sul nuovo codice deontologico dell’assistente sociale.I contenuti dei due articoli tratti da un più ampio intervento del prof. Antonio Nappi in corso di pubblicazione presso la Fondazione Zancan.
[2] Si veda S. Rodotà, Solidarietà. Un’utopia necessaria, Laterza, Roma-Bari, 2014. E, in epoca di coronavirus, “L’unica cura è la solidarietà”, intervista a JürgenHabermas a cura di Nicola Truong in “la Repubblica” del 12 aprile 2020.
* Assistente Sociale Specialista, docente a contratto di “Principi e Metodi del Servizio Sociale” presso il Corso di laurea in Scienze del Servizio Sociale, Università di Bari.
[3] P. Donati, L’operatore assistente sociale di fronte alla crisi del welfare state: quali prospettive? in “Studi di Sociologia”, n. 1/81, pp. 3-22; S. Fargion, Il servizio sociale. Storia, temi e dibattiti, Laterza, Roma-Bari 2019 (III ed.).
* Assistente Sociale Specialista, docente a contratto di “Principi e Metodi del Servizio Sociale” presso il Corso di laurea in Scienze del Servizio Sociale, Università di Bari.
Assistente sociale specialista e formatore, docente di “Principi e Metodi del Servizio Sociale” all’Università di Bari. Autore di ricerche e studi, lavora dal 1991 presso il Nucleo Operativo Tossicodipendenze della Prefettura di Bari. E' stato presidente dell'Ordine Regionale degli assistenti sociali della Puglia. Collabora con la Fondazione FIRSS.
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