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Questione demografica, dilemma del terzo millennio
Questione demografica: denatalità e invecchiamento. Le tre lancette della storia: politica, economia e fenomeni demografici e ambientali. Interventi strutturali e di lunga durata.
I duepoli della demografia
Crisi economiche, pandemie, guerre non convenzionali[1], sovranismi, populismi, terrorismi, conflitti religiosi, fenomeni migratori, sembrano costituire le principali minacce per i ricchi Paesi dell’Occidente: in particolare Nord America ed Europa. Certo, tutti nodi evidenti. Ma, in realtà, l’elemento più destabilizzante degli equilibri mondiali è un fenomeno in apparenza silenzioso e poco percepito: la questione demografica. Che ha due poli. La denatalità e l’invecchiamento della popolazione. Questo fenomeno è notoriamente diffuso in nazioni quali l’Italia e il Giappone, ma colpisce tutta l’Europa[2] e l’intero mondo, se si guarda alle migrazioni[3].
«La demografia e l’ambiente osservano un corso del tempo lento, lungo: determinati fenomeni richiedono decenni, a volte secoli, per affermarsi o per cambiare»
Le tre lancette della storia
D’altro canto – ci dicono i demografi – la storia, come un orologio, ha tre lancette: quella dei secondi segna il tempo della politica. L’economia sta sulla lancetta dei minuti. Solo i fenomeni demografici ed ambientali scandiscono le ore.
Ciò significa che la politica è caratterizzate da processi veloci, effimeri. L’economia ha una durata maggiore, ma comunque rapida nel ciclo della storia. La demografia e l’ambiente, invece, osservano un corso del tempo lento, lungo: determinati fenomeni richiedono decenni, a volte secoli, per affermarsi o per cambiare[4].
Dati a confronto
Considerando l’Italia, l’attuale indice di vecchiaia – cioè il rapporto fra persone di età con sessantacinque e più anni ed i giovanissimi della fascia 0-14 anni, moltiplicato 100 – è, al 1° gennaio 2020, di 178,4. Ciò significa che per 100 infraquattordicenni, vi sono 178,4 anziani.
Il nostro, quindi, è un Paese di vecchi e che invecchia sempre di più, come dimostra la rappresentazione diacronica della popolazione, relativa al periodo 2002-2020 (Tab. 1). Anche la fascia dei soggetti in età lavorativa (15-64 anni) si assottiglia visibilmente, registrando un calo dal 67,1 del 2002 al 63,9 nel 2020.
Rispetto alla natalità, l’ISTAT rileva nel 2019 il valore più basso di nuove nascite dal 1918 (anno conclusivo della I Guerra Mondiale!): solo 435.000 bambini (l’80,4% da madri italiane e il 19,6% da madri straniere). L’indice di fecondità per singola donna è dell’1,29, uno dei più bassi del mondo[5] (Fonte: https://www.istat.it/it/files//2020/02/Indicatori-demografici_2019.pdf dell’11 febbraio 2020).
Questo trend – solo in parte attenuato dai flussi migratori e dalla maggiore natalità delle donne e delle famiglie straniere – è in atto da decenni. Per modificarsi richiederebbe interventi strutturali e di lunga durata che difficilmente le diverse leadership politiche che si contendono il potere – attestate sulla lancetta dei secondi, ovvero attente ai possibili, immediati, vantaggi elettorali (come dimostra la strategia della paura e dell’invasione degli extra-comunitari) – saranno in grado di programmare e pianificare, anche se qualche modesto passo in avanti sembra profilarsi all’orizzonte[6].
Per queste ragioni siamo tutti chiamati a comprendere le dinamiche in atto. E, come professionisti della cura, siamo sollecitati da queste dinamiche per attrezzarci a rispondere al duplice dilemma che ci interroga: alla denatalità, potenziando i servizi per la prima infanzia e sostenendo le famiglie, specie quelle più fragili (madri sole, nuclei afflitti da precarietà economica, da incertezza lavorativa e perdita del lavoro, ecc.). All’invecchiamento, rendendo capillari i servizi domiciliari e ripensando le policies a favore degli anziani. A cominciare da un radicale de-costruzione e ri-costruzione dell’idea di vecchiaia e dei bisogni delle persone anziane.
[1] «“Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli”. Non usa mezzi termini Papa Francesco sulle crisi internazionali in corso durante il volo di ritorno dalla missione in Corea del Sud […]. Il Pontefice ha denunciato l’efferatezza delle guerre non convenzionali e che sia stato raggiunto “un livello di crudeltà spaventosa” di cui spesso sono vittime civili inermi, donne e bambini.»
[4] «Sauvy, demografo ed economista francese, ha proposto una bella metafora per spiegare l’approccio della politica al mondo: il mondo è come un orologio. La politica è la lancetta dei secondi che corre via veloce e che i politici rincorrono con affanno. L’economia è come la lancetta dei minuti, si muove molto meno velocemente di quella dei secondi, eppur scorre abbastanza in fretta e li mette in difficoltà. Infine, la demografia e l’ambiente sono come la lancetta delle ore. La lancetta delle ore sembra ferma ma poi dal giorno si passa alla notte.» Il dubbio nella società: saperi, strumenti, testimonianze. «Il futuro potrà sorprenderci, non sconvolgerci», Intervista con Antonio Golini, in https://www.arel.it/wp-content/uploads/2016/05/Intervista-con-Antonio-Golini.pdf. Una concezione, questa, che ha non poche assonanze con l’idea della longue durée degli storici francesi (da Marc Bloch e Lucien Febvre sino a Fernand Braudel e Jacques Le Goff).
Assistente sociale specialista e formatore, docente di “Principi e Metodi del Servizio Sociale” all’Università di Bari. Autore di ricerche e studi, lavora dal 1991 presso il Nucleo Operativo Tossicodipendenze della Prefettura di Bari. E' stato presidente dell'Ordine Regionale degli assistenti sociali della Puglia. Collabora con la Fondazione FIRSS.
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