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Devianza minorile e recupero sociale: la supervisione del Servizio Sociale nell’adozione di una nuova prospettiva di vita
La messa alla prova, un nuovo istituto a favore del reo
Con l’articolo 28 del D.P.R 448/88 viene introdotta un’importante misura a favore della rieducazione e della reintegrazione sociale del minore autore di reato: parliamo, in tal caso, della sospensione del processo con “messa alla prova”, un istituto di probation processuale. Il Giudice può avvalersi della facoltà di poter sospendere il processo non solo per valutare la personalità del reo nel suo ambiente di appartenenza ma, soprattutto, per ovviare alla detenzione con una modalità rieducativa alternativa. Centrale, a tal proposito, diviene l’intervento del Servizio Sociale.
Esso, infatti, dopo aver fornito al Tribunale per i Minorenni un’accurata descrizione circa l’ambiente ove vive il minore, dovrà occuparsi della stesura di un programma di attività che quest’ultimo, dopo averlo approvato, dovrà seguire; inoltre, si occuperà del monitoraggio e della supervisione del reo durante lo svolgimento delle diverse fasi del progetto, fornendo lui sostegno e supporto nei momenti difficili e/o di sconforto.
«Nel mezzo delle difficoltà, nascono le opportunità»
Rieducazione e recupero sociale: verso un futuro dignitoso
Quando si parla di “rieducazione” ci si riferisce alla correzione di comportamenti e pensieri considerati come socialmente devianti o “inadatti” ampiamente radicati in determinati soggetti; minori, in questo caso.
Possiamo affermare, con certezza, che è proprio la rieducazione il fine ultimo delle pene detentive. L’Art. 27 della Costituzione italiana, infatti, afferma che: “[…] Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”. Al condannato è garantita, per Legge e dalla Legge, la possibilità di intraprendere una strada alternativa a quella precedentemente intrapresa, alla cui base vi è, in primis, il rispetto delle regole fondamentali condivise e ancorate all’interno dell’intera società.
L’intento è quello di restituire e assicurare un futuro dignitoso a tutti coloro che, per variegativi motivi, hanno commesso, di fatto, un reato: qualsiasi personalità, se dotata degli giusti strumenti e se supportata dalla società e dalle Istituzioni, può reinserirsi e reintegrarsi nella società civile.
Voglia di crescere e migliorarsi: una nuova personalità
La messa alla prova può essere disposta a partire dall’udienza preliminare, previo accertamento della responsabilità e col consenso del minore1. Un ulteriore presupposto essenziale per la sua concessione, che va ad aggiungersi a quelli descritti nei paragrafi precedenti, è che il reo mostri la volontà di volercambiare il proprio percorso di vita e di avere la reale intenzione di migliorarsi. Ovviamente, vi è la possibilità che essa possa essere revocata allorquando si verifichino ripetute trasgressioni a quanto imposto.
Nei casi di reati gravi, ove è prevista la pena dell’ergastolo o la reclusione non inferiore a dodici anni, l’istituto può avere una durata massima di tre anni, mentre per tutti gli altri reati la durata sarà di un anno2. Decorso il periodo di prova e tenuto conto del parere degli Assistenti sociali, il Giudice può dichiarare un esito negativo o positivo: qualora l’esito dovesse essere positivo, il reato si estingue; in caso contrario, ovvero di esito negativo, il processo riprende dall’interruzione3.
Qual è il ruolo dell’Assistente Sociale?
Come affermato precedentemente, spetta al Servizio Sociale il compito di rieducare e reinserire il minore nel contesto di appartenenza, fornendo lui opportunità e strumenti validi che lo supportino nel mutamento dello stile di vita da sempre adottato. L’insieme delle attività programmate dall’assistente sociale, infatti, sono finalizzate alla valorizzazione delle risorse presenti sul territorio, sia istituzionali che non, affinché il minore possa cambiare pensieri, abitudini e compagnie.
E’ importante non distaccarsi dalla realtà nella quale è cresciuto l’adolescente, in modo tale che egli possa rendersi conto che ogni luogo ed ogni ambiente può offrire, nel suo piccolo, opportunità per chiunque voglia sentirsi parte integrante della società civile. Bisogna fornire al reo una nuova prospettiva di vita proprio nel medesimo ambiente che l’ha, in qualche modo, indotto ad assumere comportamenti devianti.
L’assistente sociale, nella progettazione del programma ad hoc per il minore, deve tener conto degli interessi e delle attività che quest’ultimo vorrebbe svolgere, siano esse scolastiche o lavorative. E’ bene tener presente che, durante il compimento del percorso, le attività possono essere modificate per meglio adattarsi alle esigenze del minore: il continuo adeguamento contribuirà ad evitare che la messa alla prova possa avere un esito negativo, esito che potrebbe comportare ripercussioni notevoli per il futuro del ragazzo.
NOTE:
1 M. Bargis, S. Buzzelli, C. Cesari, F. Della Casa, A. Presutti, “Procedura penale minorile”, a cura di M.Bargis, Giappichelli Editore, Torino, 2019, p.212-213;
2 Art. 28, D.P.R. 448/1988;
3 M. Bargis, S. Buzzelli, C. Cesari, F. Della Casa, A. Presutti, “Procedura penale minorile”, a cura di M. Bargis, Giappichelli Editore, Torino, 2019,p.226-227;
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