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Una coppia impossibile? Risonanze tra ricerca azione e Servizio Sociale
Ricerca azione e servizio sociale. Apprendimento e cambiamento. Riflessività ed esperienza. Partecipazione, empowerment e consapevolezza.
Perché la ricerca azione nel lavoro sociale
La natura dei problemi sociali attuali richiede uno spostamento verso paradigmi e metodologie di ricerca e di intervento capaci di contenere punti di vista olistici, dinamici e sistemici per la comprensione di realtà e processi caratterizzati da incertezza e complessità.
Si tratta di (ri)cercare di nuovi approcci che permettano non solo che le conoscenze siano acquisite nel contesto, ma che tali conoscenze promuovano e avviino il cambiamento delle situazioni esistenti che hanno generato i problemi, che spesso hanno natura “diabolica” (wicked).
La ricerca azione assicura la produzione di nuova conoscenza a partire da una centralità della e nella pratica (apprendere facendo) e usa questa conoscenza per perseguire obiettivi di indipendenza, di eguaglianza e cooperazione (fare apprendendo) per tutte le persone coinvolte.
L’enfasi sulla dimensione partecipata e sull’integrazione tra conoscenza raggiunta, condivisa e azione rende la ricerca azione particolarmente vicina ai valori e alle aspettative dei professionisti dell’aiuto in generale e degli Assistenti Sociali in particolare, degli utenti e delle comunità coinvolte.
Si può cioè affermare che la ricerca azione è ontologicamente vicina a quelle professioni (inclusa quella dell’Assistente Sociale), organizzazioni e gruppi che fanno dello sviluppo, della crescita, dell’emancipazione e della cooperazione una finalità e una modalità di lavoro. La facilità con cui le organizzazioni socio-sanitarie, del terzo settore e le organizzazioni valoriali abbracciano la ricerca azione può essere intesa come una vicinanza “simpatetica”[1] che fa da premessa per una preferenza cognitivamente acquisita e perseguita.
“La ricerca azione al pari del servizio sociale sostiene, promuove e sviluppa l’autoefficacia e l’autodeterminazione di individui, gruppi e comunità”
Cos’è la ricerca azione
Come il termine stesso suggerisce, la ricerca azione è un approccio che comprende ‘ricerca’ e ‘azione’. Lewin, che è il padre fondatore, la descrive come un modo di generare conoscenza su un sistema sociale nello stesso momento in cui si prova a cambiarlo[2] e, così facendo, ne sigilla la circolarità: la ricerca deve essere finalizzata a uno scopo (il cambiamento) e l’azione deve essere radicata nella ricerca (conoscenza per l’azione).
La ricerca azione riconosce la centralità dei valori e delle intenzioni dei partecipanti e assume un approccio riflessivo e “rieducativo” ai problemi sociali. La riflessività e l’apprendimento dall’esperienza sono le condizioni attraverso le quali i partecipanti possono comprendere e migliorare la qualità delle proprie pratiche sociali e del contesto in cui esse sono agite[3].
La ricerca azione è un processo ciclico e interattivo dove i partecipanti possono: identificare un’area problematica della loro situazione, raccogliere le informazioni per comprenderla, riflettere e lavorare su cosa ‘dicono’ i dati, mettere in campo un’azione e valutare gli esiti di quest’azione. Le conclusioni di un’attività, o di una fase di attività, influenzano la successiva.
Partecipazione
La ricerca azione promuove, sostiene e facilita la partecipazione perché è una ricerca con, per e attraverso le persone. Poiché l’individuazione e la definizione dei problemi reali è fortemente connessa alle rappresentazioni delle persone coinvolte, quest’ultime sono partner ugualitari rispetto al contributo alla ricerca: ricoprono il ruolo di co-ricercatori insieme a quello di “professionisti riflessivi”[4].
È la stessa natura situata, relazionale, dialogica ed esperienziale della conoscenza che naturalmente apre spazi di partecipazione (‘prendere parte’) e di inclusione (‘essere parte’). Partecipazione e inclusione sono prassi metodologiche che attraversano tutto il processo di ricerca: dalla prima fase di definizione del problema fino alla valutazione dei risultati e delle loro implicazioni[5], tutti sono coinvolti nei processi di sense making e sense giving che aiutano a comprendere le questioni da affrontare e le azioni da progettare e attuare.
Empowerment
Ponendo il principio etico ed epistemologico della partecipazione in una posizione centrale, la ricerca azione consente la ‘presa di coscienza’ e sostiene, attraverso il dialogo, la possibilità di dare voce a persone e gruppi le cui idee non trovano un canale espressivo o uno spazio di interlocuzione.
Ciò significa che la ricerca azione è un “processo emancipatorio”[6] che incoraggia l’empowerment promuovendo e rafforzando l’autoefficacia e l’autodeterminazione delle persone ovvero facendone emergere la capacità di essere “il proprio autore”[7], cioè l’autore del proprio sviluppo attraverso l’assunzione di un ruolo più attivo nei confronti dei problemi indagati.
Da spettatori passivi, passando per attori consapevoli e interpreti del proprio ruolo, ad autori direttamente in grado di influenzare le condizioni del proprio contesto e della propria situazione: nella ricerca azione non si tratta di produrre più ‘sapere’, ma di ‘conoscere’ meglio la realtà in cui si vive (consapevolezza del contesto) per attivare azioni capaci di risolvere i problemi sociali e comunitari.
Partecipazione ed empowerment sono anche i principi-obiettivi che orientano le metodologie proprie del servizio sociale e ne guidano l’azione. Il ‘come’ si comprende e si “da senso” al mondo (sense giving) per trasformare la realtà in senso emancipativo esprime la natura simpatetica della relazione che la ricerca azione ha per sua natura con gli assunti metodologici e le competenze professionali dell’assistente sociale.
[1]Samà A., (2016), Prefazione, in Falcone F., Lavorare con la ricerca azione, Maggioli Editore
[2]Lewin K. (1946), Action research and minority problems, in Lewin GW. (eds), Resolving Social Conflict, Harper & Row, 1948
[3]Carr W., Kemmis S. (1986), Becoming critical: Education, Knowledge and Action Research, Falmer Press
[4]Schön D. (1983), Il professionista riflessivo, Dedalo Edizioni
[5]Kemmis S., McTaggart R. (2000), Participatory Action Research. Communicative Action and the Public Sphere, in Denzin N., Lincoln Y. (eds), Handbook of Qualitative Research, Sage
[6] Piccardo C., Benozzo A. (2010), Verso una definizione complessa di ricerca azione, in Kaneklin C., Piccardo C., Scaratti G., la ricerca azione, Raffaello Cortina
[7] Barbier R. (2007), La ricerca azione, Armando Editore
Assistente Sociale specialista, assegnista di ricerca e docente a contratto presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria. Insegna “L’organizzazione dei servizi sociali” e “Metodologia del servizio sociale” nei Corsi di Laurea Triennale e Magistrale in Servizio Sociale. Svolge attività di supervisione professionale e organizzativa per le organizzazioni di Terzo Settore.
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