La rieducazione della pena come diritto fondamentale del condannato (parte II)

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La rieducazione della pena come diritto fondamentale del condannato (parte II)

Servizio sociale: operatori di cambiamento. Strategia: cooperazione, conoscenze multidisciplinari, rete familiare e sociale ben salda.

Rieducazione e servizio sociale 

Oggi, sono 46.000 i condannati dal sistema penale affidati al Servizio sociale. In tutti questi anni, la figura dell’assistente sociale si è consolidata: il sapere acquisito ha permesso agli operatori sociali di poter essere contemporaneamente operatori di cambiamento e interpreti dei bisogni dei singoli e della società.  

«Tramite la costruzione di una rete ben salda tra gli operatori istituzionali del sociale si avrà una maggiore efficacia degli interventi» 

Essere un’assistente sociale penitenziario: come garantire il diritto alla rieducazione del reo? 

In ambito penitenziario, il compito dell’assistente sociale non è limitato alla presa in carico del detenuto ma anche al controllo e al sostegno.  

Ѐ necessario il coinvolgimento delle reti primarie nel processo di aiuto. La rete familiare e sociale ha un ruolo fondamentale per la rieducazione e il reinserimento in società; che vede e considera ancora oggi i condannati del sistema penale come reietti senza possibilità di rivalsa e senza speranza. 

L’assistente sociale negli Uffici di Esecuzione Penale 

Gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (U.E.P.E.) sono un’articolazione del ministero della Giustizia a cui è affidata la presa in carico di soggetti penalmente condannati, ovvero coloro sottoposti a provvedimenti penali definitivi o gli internati, ossia coloro sottoposti a misure di sicurezza. 

Il lavoro dell’assistente sociale penitenziario si avvale di conoscenze multidisciplinari, che sono necessarie allo studio e all’analisi dei singoli casi per l’individuazione dei trattamenti necessari, che rispondono alle richieste del mandato istituzionale, ma anche ad attività poste alla promozione, al sostegno e al reinserimento sociale. 

La legge 328/2000 all'articolo 2 comma 3 prevede che «(…) i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali.»1 L’assistente sociale ha il compito di cooperare con gli operatori penitenziari per migliorare le relazioni dei detenuti con le loro famiglie anche attraverso progetti con enti pubblici o privati. 

Ulteriore intervento è Il Patto di inclusione sociale che, come suggerisce il titolo, mira al reinserimento in società di tutti i cittadini. Nello stesso ambito si inserisce il progetto Social per il reinserimento e l’integrazione degli ex detenuti. Un percorso strategico che evita la recidiva restituendo la dignità e l’opportunità di riscatto. Il lavoro, essendo massima espressione di cittadinanza e libertà, è motore di cambiamento di cui può beneficiare l’intera collettività.2   

Perché è una figura centrale 

L’assistente sociale ha la capacità di adattare le proprie conoscenze ad ogni situazione, per questo, si dimostra una figura privilegiata per l’attuazione di politiche di reinserimento di uomini, donne e minori che non si considerano più tali. Tramite la costruzione di una rete ben salda tra gli operatori istituzionali del sociale si avrà una maggiore efficacia degli interventi.  


Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)
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