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Il Case management nei processi di presa in carico
Welfare in evoluzione. Interventi socio-assistenziali e presa in carico: la metodologia del Case Management
Nascita e funzioni del case management
Nata negli USA degli anni ’70, la metodologia organizzativa del case managementrappresenta la chiave di volta degli interventi socio-assistenziali. Nel corso dei decenni, a livello nazionale e non solo, i bisogni di welfare individuali e sociali hanno subito dei profondi cambiamenti. Dinanzi a tale complessità – che esige il coinvolgimento di una pluralità di fonti di aiuto e servizi, sia di natura formale che informale – le reazioni del sistema di protezione sociale, tradotte in servizi e prestazioni, necessitano di un approccio olistico per la gestione di ciascun caso, nonché di un opportuno coordinamento delle risorse a tal uopo coinvolte.
« L’Assistente Sociale si configura per mandato, formazione e focus come un vero e proprio manager sociale »
Un processo metodologico circolare
Le prime applicazioni di questa metodologia nell’ambito del Servizio Sociale, trovano terreno fertile nei servizi statunitensi di community care degli anni ’70, ovvero nei principali presidi di aiuto e presa in carico in favore delle persone con fragilità psichiche.
Sperimentato in Gran Bretagna nel decennio successivo, il processo metodologico, volto ad assicurare il coordinamento dei servizi e il loro collegamento con il destinatario, si è consolidato su cinque fasi consequenziali:
1) Assessment (valutazione iniziale);
2) Care planning (costruzione di un piano assistenziale individualizzato);
3) L’attuazione del progetto (messa in campo di un “pacchetto di servizi”, differente per ogni persona);
4) Monitoraggio;
5) Valutazione conclusiva.
Come gestire la complessità dei rapporti?
Figlia dal paradigma post-moderno, la metodologia del case management elegge il suo focus sulla complessità dei rapporti della persona con il proprio ambiente e con altri sistemi e contesti, caratterizzati da incessabili influenze. A tal proposito, il lavoro sociale assume un approccio sistemico alla persona, in grado di prendere in considerazione l’insieme delle relazioni sociali, primarie e secondarie, che questa intesse nella loro totalità e dinamicità.
Nell’ottica di caring, l’Assistente sociale si fa carico del bagaglio di esigenze, talvolta complesse e multidimensionali, della persona assistita; preliminarmente chiarisce e ridefinisce con ella le priorità emerse nella relazione d’aiuto assumendo, ancor prima della fase di assessment del caso, la funzione di case manager.
Chi è il “gestore della complessità”, ovvero il case manager?
Il case manager progetta forme di presa in carico globali ed è il professionista che fa da “persona di riferimento” del caso. Sovente, nel caso di pubblico impiego o di subordinazione ad organizzazioni socio-assistenziali private e/o del terzo settore, l’Assistente sociale attinge alle risorse interne al proprio Ente promuovendo, al tempo stesso, un’interlocuzione necessaria con il territorio in cui è immerso e nel quale opera. Suddetto processo dialogico, che si estrinseca operativamente nel lavoro di rete, può riguardare altresì gli Assistenti sociali liberi professionisti nell’esercizio delle loro attività consulenziali e di pratica collaborativa.
A tal proposito, l’Assistente sociale si configura per mandato, formazione e focus come un vero e proprio manager sociale che, per Buracchio (2009), possiede: «competenze manageriali, padronanza di metodologie e tecniche capaci di sviluppare, coordinare, potenziare, connettere e gestire differenti risorse per la realizzazione di obiettivi condivisi e integrati».
Il case managergestisce la complessità scongiurando una presa in carico parcellizzata, inefficace e antieconomica, superando anche una sovrapposizione degli interventi che, se non adeguatamente coordinati, potrebbero generare forme pericolose di assistenzialismo.
Bibliografia/Sitografia:
Buracchio D., “Scenari e competenze per il manager sociale”, Franco Angeli Editore, Milano 2009, p. 60;
Raineri M.L., “Lavoro di rete e lavoro interprofessionale”, in Assistente sociale domani – Volume 2, Edizione Erickson, 2016, pp. 83-85;
Payne M., “Case management e servizio sociale”, Centro Studi Erickson, Trento 1998, p. 84;
“Chi è il Case manager, ovvero il gestore della complessità”, in Morning Future, 2019.
Assistente sociale, mediatore familiare, dottore in psicologia delle organizzazioni Investe le sue competenze professionali in differenti settori, collaborando con Ambiti territoriali sociali, organismi d’ispirazione cristiana (Caritas), enti gestori di servizi socio-sanitari e studi multidisciplinari. Possiede una consolidata esperienza nell’ambito del servizio sociale professionale in qualità di case manager nelle seguenti aree di lavoro: tutela minori e famiglie, povertà ed esclusione sociale, socio-sanitario e non autosufficienza. È membro del direttivo della Camera minorile multiprofessionale del Tribunale di Napoli-Nord. In qualità di componente dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse della Diocesi di Aversa è coautore del dossier annuale diocesano. Già coordinatore del Centro di Ascolto, presso la Caritas di Aversa riveste altresì le funzioni di selettore e formatore accreditato per il Servizio Civile Universale e supporta le équipe parrocchiali attraverso la progettazione partecipata di attività pastorali e percorsi formativi ad hoc.
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