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Multidimensionalità del rapporto. Comunicazione interattiva e interrelazionale. Disponibilità e partecipazione. Attenzione dell’assistente sociale: sostegno e strumenti per cambiare.
La multidimensionalità del rapporto: quali narrazioni privilegiare?
Due assunti di base a qualsivoglia tipo di comunicazione è che questa, al di là della sua natura, è sempre interattiva e interrelazionale. Ciascun attore coinvolto nella rete della comunicazione influenza, volente o nolente, l’altro e viceversa.
Nella caratterizzazione del colloquio dell’assistente sociale, il focus è sulla natura del rapporto interpersonale tra i soggetti, che assume una notevole importanza. Il colloquio riguarda non soltanto ciò che viene detto e sentito – il messaggio codificato, trasmesso, ricevuto, elaborato e decodificato – ma anche il contesto interpersonale nel quale si realizza questo processo.
L’interazione emotiva assume particolare centralità fra le parti nel procedere della comunicazione ed è ciò che intendiamo con il termine “rapporto” quando lo usiamo nell’ambito del servizio sociale. Se il rapporto assume una connotazione positiva, armoniosa, calda, non giudicante e psicologicamente sana fra l’assistente sociale e la persona, entrambi sono maggiormente recettivi nei confronti dei messaggi, verbali e non verbali, che reciprocamente si trasmettono. Invece, se il rapporto assume dei tratti negativi, in cui aleggiano diffidenza, ostilità, giudizio ed uno stile comunicativo minaccioso, fra i soggetti, il desiderio e la disponibilità a porsi in una posizione di ascolto di ciò che viene detto sono minori e, in taluni casi, persino annullati.
«La modalità che scegliamo per narrare la nostra vita o quanto ci circonda, non solo ci permette di rappresentare la realtà, ma di cambiarla»
Cosa favorisce un buon colloquio?
Sempre per Kadushin «il rapporto è il ponte che mette le persone in comunicazione […] i messaggi passano al di là del ponte più o meno facilmente a seconda della natura dell’interazione emotiva esistente fra gli interlocutori». In virtù di quanto affermato dall’autore, gli steccati e le barriere sociali ed emotive vengono abbassati o divengono più permeabili nella circostanza di un buon rapporto.
Tutto ciò facilita una maggiore disponibilità e partecipazione al colloquio, principalmente da parte della persona destinataria dell’intervento; un clima positivo funge da sollievo quando si tratta di rappresentare verbalmente situazioni dolorose e talvolta pregne di angoscia.
Raccontarsi e cambiare
L’attenzione dell’assistente sociale deve focalizzarsi sul modo in cui la persona racconta sé stessa oppure un particolare problema o una difficoltà che l’attanaglia. Le persone narrano delle storie per raccontarsi. Per Frigerio (2008) «la scelta degli argomenti e delle parole ci aiutano nel descriverci agli altri come noi vogliamo essere visti».
Infatti, se un individuo nel descrivere una problematica incorre in affermazioni per le quali non vi sono risoluzioni alle difficoltà vissute e percepite, questi faticosamente riuscirà a trovare energie e strategie per affrontare la propria esperienza. In questa direzione, il professionista ha il compito di sostenere la persona a ridare una lettura differente, più fiduciosa e funzionale, della situazione esperita.
Folgheraiter (2004) sostiene che la modalità che scegliamo per narrare la nostra vita o quanto ci circonda, non solo ci permette di rappresentare la realtà, ma di cambiarla. Diviene provvidenziale (ri)dare alla persona gli strumenti per (ri)narrarsi, accompagnandola nella comprensione che cambiare è possibile.
FONTI
Allegri E., et al., Il colloquio nel servizio sociale, Carocci Faber, Roma, 2015, p. 13;
Folgheraiter F., Il servizio sociale post moderno, Erickson, Milano, 2004, pp. 215-2016;
Frigerio A., La co-costruzione di nuove realtà, Lavoro di Tesi, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, Manno, 2008, p. 12;
Kadushin A., Il colloquio nel servizio sociale, Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma, 1980, pp. 13-28.
Assistente sociale, mediatore familiare, dottore in psicologia delle organizzazioni Investe le sue competenze professionali in differenti settori, collaborando con Ambiti territoriali sociali, organismi d’ispirazione cristiana (Caritas), enti gestori di servizi socio-sanitari e studi multidisciplinari. Possiede una consolidata esperienza nell’ambito del servizio sociale professionale in qualità di case manager nelle seguenti aree di lavoro: tutela minori e famiglie, povertà ed esclusione sociale, socio-sanitario e non autosufficienza. È membro del direttivo della Camera minorile multiprofessionale del Tribunale di Napoli-Nord. In qualità di componente dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse della Diocesi di Aversa è coautore del dossier annuale diocesano. Già coordinatore del Centro di Ascolto, presso la Caritas di Aversa riveste altresì le funzioni di selettore e formatore accreditato per il Servizio Civile Universale e supporta le équipe parrocchiali attraverso la progettazione partecipata di attività pastorali e percorsi formativi ad hoc.
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