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Centralità della persona, qualità della vita e buone prassi in sanità. Prendersi cura, modelli patient oriented e servant leadership.
Centralità della persona e buone prassi in sanità
Una delle tematiche più dibattute nell’ultimo decennio è quella legata al diritto alla salute, ovvero alla funzione degli apparati di cura, sia con riferimento all’ambito strettamente sanitario (curing), sia nell’accezione più estesa di caring, di migliorare la qualità di vita delle persone e delle famiglie, a prescindere dalla presenza o dal persistere di patologie in senso proprio.
L’attenzione per questi temi è notevolmente cresciuta, stante l’insoddisfazione per i servizi di welfare e la spiacevole percezione di impotenza, di isolamento e di abbandono che molte persone provano nell’impatto con i servizi di cura nei momenti di bisogno. Pertanto, se l’esperienza del ricovero in ospedale o dell’afferenza a qualsiasi tipo di servizio sanitario, rappresenta per l’individuo un evento psicologicamente traumatizzante, diventa prioritario, focalizzarsi sullo stare bene, con attenzione non solo agli aspetti strettamente clinici, bensì come sensibilità agli ambiti interiori e di relazione della persona; significa guardare con slancio al concetto dell’umanizzazione delle cure, sia con la creazione di una équipe sanitaria umanizzata, che presti cure e assistenza non dimenticando mai l’individuo, sia ponendo l’accento sugli ambienti e sui luoghi di cura, affinché non smettano di essere umanizzanti.
Ecco, dunque, che riflettere sui processi del prendersi cura, intesi soprattutto come procedimenti e adempimenti di caratura etica, piuttosto che del curare, inteso come mere procedure atte a garantire l’adeguatezza delle prestazioni a standard predefiniti formalmente, si traduce nell’implementazione di processi virtuosi, di buone prassi, capaci di coinvolgere e contagiare realmente tutti i soggetti interessati, in un rapporto di fiducia e di reciproco scambio di pensieri, valori, gesti, espressioni e apertura ad un’autentica socialità umana.
«Sono richieste azioni capaci di coniugare l’Etica, nel rispetto dell’unicità e dell’altissimo valore della Persona, con l’efficienza della Tecnica»
Processi virtuosi per rendere le strutture sanitarie dimore di esperienze di comunità
La strategia dell’umanizzazione richiede una maggiore attenzione verso la dimensione umana ed esistenziale, offrendo spunti di riflessione su una necessaria evoluzione del sistema sanitario, verso l’esercizio di modelli patient oriented piuttosto che disease centred, orientati alla malattia, secondo cui la persona, nella totalità inscindibile delle sue componenti, assume una posizione di centralità, prima ancora che nei percorsi diagnostico terapeutici, nelle politiche in materia di tutela e promozione della salute, aprendo nuovi scenari di ripensamento del rapporto tra la struttura sanitaria e il cittadino.
Pertanto, evitando di incorrere nel rischio di teorizzare senza dare corpo a prassi operative, perché si attui il processo di umanizzazione dei e nei luoghi di cura, sono richieste indispensabili azioni strutturali, organizzative e comunicative capaci di coniugare l’Etica, nel rispetto dell’unicità e dell’altissimo valore della Persona, con l’efficienza della Tecnica.
Diventa, altresì, prioritario dare rilievo a variabili ed indicatori relativi alla valutazione di caratteristiche quali la struttura edilizia, orientata al comfort e all’accoglienza, dove la persona è posta in condizione di vivere una esperienza secondo logiche non deprivanti; a percorsi di comunicazione, che generino modelli per saper ben comunicare, mediante protocolli per l’ascolto attivo e la comunicazione efficace, capaci non solo di favorire procedure semplificate di accesso alle prestazioni, ma che impattino sulla qualità delle performance, legate non solo all’alto profilo tecnico-professionale bensì alle competenze relazionali e alle qualità umane, di ascolto ed empatia verso il paziente/cittadino.
La servant leadership come strumento di facilitazione del cambiamento
In questa partita un ruolo determinante è giocato dalla leadership delle organizzazioni sanitarie, a cui è demandato il compito di veicolare e realizzare la cultura dell’umanizzazione, mediante interventi sulla dimensione organizzativa, ad esempio con la rimodulazione di ruoli e funzioni e la formazione degli operatori, nonché con la diffusione capillare di un’etica professionale e di sistema che traghetti l’organizzazione nei processi di governament, attraverso un ruolo partecipativo ed elaborativo, di impatto anche a livello sociale.
Si tratta, in fin dei conti, di prestare attenzione alle richieste dei cittadini/utenti, nonché dare impulso ad attività di ricerca e progettazione di soluzioni migliorative che rendano più vicino, umano ed affidabile il servizio, a fronte di un modello aperto del sistema sanitario che, rispetto all’ambiente, è in una osmotica e continua relazione di scambio.
FONTI
P. RUSSO, (2019), Umanizzazione delle cure. Riflessioni sulle buone prassi in sanità. Editrice Lampo La qualità del welfare, presentazione 2° Convegno Internazionale sui servizi sociali, 2008.
Lavora a Campobasso come Assistente Sociale. E’ specializzata in programmi di reinserimento socio-lavorativo di pazienti psichiatrici e cura e coordina diversi progetti per conto della cooperativa sociale “Laboratorio Aperto” di concerto con il Centro di Salute Mentale di riferimento. Lavora come docente a contratto presso l’Università degli Studi del Molise insegnando Organizzazione del Servizio Sociale, nell’ambito del corso di laurea triennale di Scienze del Servizio Sociale; dal 2019 è docente di Sociologia della Salute e della Famiglia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore- Gemelli, corso di laurea di Scienze Infermieristiche. Tra le sue pubblicazioni di maggior interesse Gli italiani non sorridono più - Misure di contrasto alla povertà e diritto alla salute (2019) ed. Lampo e Umanizzione delle cure - Riflessioni sulle buone prassi in sanità (2019) ed Lampo.
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