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L’Amministrazione di sostegno: cos’è e quando si applica
L’amministrazione di sostegno dei soggetti in difficoltà. Rivoluzione giurisprudenziale e culturale che sostiene le persone non in grado di attuare scelte di carattere esistenziale.
L’amministrazione di sostegno per la tutela delle persone in difficoltà
L’amministrazione di sostegno è una figura recente che si propone di offrire uno strumento più idoneo in merito alla tutela dei soggetti in difficoltà, rispetto agli istituti classici. È un sistema meno invasivo per assistere le persone con limitate capacità fisiche o psichiche e si differenzia dai due istituti precedenti e più rigidi, ovvero interdizione e inabilitazione. Colui che verrà nominato amministratore sarà un soggetto vicino alla persona più debole e la accompagnerà nelle scelte di vita quotidiana. I soggetti per i quali è possibile domandare l’assegnazione di un amministratore sono diversi; ricordiamo, ad esempio, gli anziani, le persone malate o con disabilità, coloro che hanno scontato una pena detentiva e i soggetti con scarsa tecnica lavorativa.
«L’amministrazione di sostegno apporta una vera e propria rivoluzione giurisprudenziale e culturale per la salvaguardia delle persone fragili»
Cos'è l'amministrazione di sostegno?
L’amministrazione di sostegno è un recente istituto giuridico che entra nel nostro Ordinamento con la Legge 9 gennaio 2004 n. 6 e apporta una vera e propria rivoluzione giurisprudenziale e culturale per la salvaguardia delle persone fragili. L’obiettivo di questa legge è «di tutelare le persone prive, in tutto o in parte, di autonomia nel compiere le funzioni di vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente» (art. 1 legge 09/01/2004).
I destinatari
I destinatari dell’amministrazione di sostegno sono individuati dall’art. 404 c.c., il quale prevede che l’istituto in questione possa essere disposto nei confronti dellapersona «che, per effetto di un'infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi».
La norma individua, dunque, due requisiti:
il primo è di tipo soggettivo, ovvero la menomazione fisica o psichica;
l’altro è di tipo oggettivo e consiste nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi.
Entrambi devono coesistere ed essere legati da un rapporto di causalità.
Quali sono le differenze rispetto alle vecchie misure di protezione?
L’ambito delle categorie dei soggetti inclusi è tanto ampio da far sì che il nuovo istituto tenda in parte a sovrapporsi a due figure ad esso precedenti: l’interdizione e l’inabilitazione. La prima presuppone uno stato di incapacità assoluta, mentre l’altra prevede che il soggetto possa compiere solo atti di ordinaria amministrazione. L’amministrazione di sostegno, invece, comprende non solo le malattie mentali, ma anche le diversissime forme di disabilità intellettiva e la demenza senile, nonché le tossicodipendenze e la povertà.
Parliamo, quindi, sia di soggetti fisicamente impediti o psicologicamente disturbati, che di persone non in grado di porre in essere scelte di carattere esistenziale nel proprio interesse. Ci troviamo, dunque, di fronte a individui che vivono disagi legati al rapporto tra personalità e tessuto sociale, e per tale motivo l’amministrazione di sostegno può essere anche solo parziale o temporanea.
L’amministrazione di sostegno per le persone anziane
Sebbene l’art. 404 c.c. non contempli le persone anziane tra i soggetti per i quali possa essere richiesta l’amministrazione di sostegno, è oramai consolidata l’adesione dei giudici tutelari a una lettura inclusiva. Ciò si verifica quando si riscontrano i presupposti di una menomazione psichica o una limitazione importante circa le attività di vita quotidiana, poiché non è l’età avanzata in sé il presupposto per l’apertura di un provvedimento di amministrazione di sostegno quanto le patologie sopraelencate.
La tutela dei figli maggiorenni con handicap grave nella crisi familiare
Un’altra questione posta all’attenzione dei giudici riguarda i casi relativi all’affidamento di figli di genitori divorziati o separati, divenuti maggiorenni e portatori di handicap gravi. La disposizione centrale al riguardo è l’art. 337 septies secondo comma c.c. introdotto nel 2013, che estende interamente le disposizioni previste in favore dei figli minori ai maggiorenni portatori di handicap gravi.
La giurisprudenza appare univoca nell’ammettere l’estensione delle disposizioni a beneficio dei figli minori in tema di assegnazione della casa familiare e di cura (Trib. Lucca 04.04.2018) ed escludere l’applicabilità per questi ultimi della disciplina in materia di affidamento, condiviso o esclusivo.
Laureata in giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli, Praticante avvocato, insegnante di diritto ed economia per la scuola secondaria di secondo grado.
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