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Capacitare le persone e i contesti di prossimità - Parte I
Azioni di capacitazione: processo di apprendimento, skills e competenze. Cambiamento, azione intenzionale, dimensione analitico-conoscitiva.
Azioni di capacitazione
Utilizziamo questo termine facendo riferimento al significato attribuitogli dal premio Nobel per l’economia, Amartya K. Sen di “libertà sostanziale di un soggetto all’interno del sistema”.1 La centralità di questo concetto è da connettere al cambiamento del significato della povertà, sempre meno indicativa della mera carenza di mezzi, e progressivamente centrata sulla «domanda di uscita da una situazione di compressione delle potenzialità e delle aspirazioni della persona a realizzare se stessa, cioè ad un concetto di povertà come “incapacità”».2
Si tratta di un costrutto che – letto in senso positivo – richiama non tanto il corrispondente italiano del “capacitare”, cioè “persuadere, convincere, far intendere la ragione”, bensì quello di “rendere capace” cioè “rendere abile ad una cosa, atto ad intendere, idoneo, esperto, valente”.3
«[…] siamo di fronte oggi all’emergere di una terza generazione di politiche sociali: quelle di promozione delle capacità»
Effetti indiretti o non desiderati?
Carlo Dondolo definisce le azioni di capacitazione come «un processo di apprendimento in cui si sviluppano skills, competenze anche tacite, si modificano preferenze e in certa misura muta la visione delle cose […] diventa più ampia, più profonda, più condivisa».4 Dunque, un’azione intenzionale che mira a rafforzare, ampliare e qualificare le capacità che i soggetti (singoli o in gruppo, etc.) hanno per utilizzare le proprie risorse e fronteggiare problemi e difficoltà.
Il tema è assai rilevante anche sul piano generale delle politiche sociali, al punto che alcuni autori, nell’analizzare la parabola del welfare, segnalano che «dopo le politiche sociali legate alle assicurazioni dei lavoratori e quelle volte ad offrire servizi e prestazioni sociali universali, siamo di fronte oggi all’emergere di una terza generazione di politiche sociali: quelle di promozione delle capacità».5
Già le attività di conoscenza e comprensione e di reticolazione relazionale e gruppale sortiscono, nel loro espletarsi, un effetto di capacitazione. Sia perché la semplice presenza dell’operatore di prossimità (o, più precisamente, il suo ingresso nel contesto) rappresenta una novità che produce dei cambiamenti (o meglio che produce uno squilibrio che attiva un flusso di cambiamenti in vista del raggiungimento di un nuovo equilibro), sia perché – come abbiamo ben chiarito sopra – sono gli stessi membri del contesto ad essere attivamente coinvolti nel lavoro di analisi e valutazione della propria condizione, il che determina di per sé l’innesco di riflessioni, ipotesi di lavoro, disponibilità, accordi, mutamenti, reticolazioni che vanno nella linea di modificare il “livello di capacità” dei soggetti. Questi sono i cosiddetti “effetti indiretti” (che non significa “non desiderati”) di un lavoro che concentra la sua attenzione sulla dimensione analitico-conoscitiva.
Note:
1 Istituto della Enciclopedia italiana Treccani, Dizionario di Economia e Finanza, 2012, in www.treccani.it/enciclopedia/capacitazione_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/(24.8.2017).
2 Busilacchi Gianluca, Approccio delle capacità. Teoria dell’azione e welfare state, in Paci Massimo, Pugliese Enrico (a cura di), Welfare e promozione delle capacità, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 53.
3 Pianigiani Ottorino, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, in www.etimo. it/?term=capace (24.8.2017).
4 Dondolo Carlo, I beni comuni presi sul serio, in Arena Gregorio, Iaione Christian, L’Italia dei beni comuni, Carocci, Roma, 2012, p. 49.
5 Paci Massimo, Le politiche di emancipazione e promozione delle capacità, in Paci Massimo, Pugliese Enrico (a cura di), Welfare e promozione delle capacità, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 29.
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