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Lavoro sociale di comunità e percorsi di reticolazione - Parte I
Riattivare la solidarietà comunitaria: promuovere le relazioni. Connessione emotiva, reticolo di legami, lavoro di prossimità.
Dall’individuale al collettivo
Nel lavoro di prossimità, la principale linea di azione da porre in essere è quella di accompagnare le persone, e il contesto tutto, a compiere un cammino che porti dall’individuale al collettivo o, come dicono Lavanco e Novara, «Dal “singolare” al “plurale”».
La “Consapevolezza dell’esserecon” presenta vari aspetti connotati, in modo variegato, da un’evidentedimensione relazionale. Lo sviluppo di una forte connessioneemotiva condivisa, determina l’innesco automatico del passaggio ai fatti, ovvero laconcreta attivazione di forme di mutuo soccorso tra i membri del contesto di prossimità e losviluppo di un senso di solidarietà e di responsabilità reciproca che rende le persone più disponibili a portare i pesi gli uni degli altri1.
Tuttavia, occorre tener presente che, affinché sisviluppino adeguati livelli di connessione emotiva, «è necessario che la gente abbia opportunità diincontrarsi e interagire in modo costruttivo, condividendo momenti di coesione e di collaborazione[…] di negoziazione e di nuovo adattamento»2.E’ necessario chiedersi, quindi, quali siano i luoghi e i percorsi concretamente attivabili affinché questo avvenga. La riflessione di quest’articolo si soffermerà soprattutto sui secondi, i percorsi.
«Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio: uscirne insieme è politica, da soli è avarizia»
Iniziare da chi è già in relazione
Se occorre investire energie nella tessitura di una trama relazionale, varrà la pena concentrare l’attenzione innanzitutto su quelle realtà che la dimensione relazionale già la praticano (o, almeno, dovrebbero praticarla). Franca Ferrario, riferendosi ai territori locali, li indica come «potenziali reti di reti»3: in essi sono presenti tessuti di varia compattezza, con rarefazioni ed addensamenti.
Martini e Sequi – riferendosi a questi addensamenti – parlano di “comunità nella comunità locale”, di “sotto-comunità” o “comunità di settore”, riferendosi così alla famiglia, alla scuola, alla parrocchia, alle associazioni, alle eventuali comunità di immigrati e, aggiungiamo, anche a taluni luoghi di lavoro caratterizzati da un’assidua frequentazione tra le persone, al punto da generare un reticolo di legami tra colleghi.
Martini e Sequi invitano ad approcciare questi contesti: «Con “occhiali particolari”, utilizzando cioè il modello del senso di comunità che, per certi versi, comporta una ristrutturazione percettiva la quale può permettere di cogliere aspetti sottovalutati o ignorati e di dare un senso nuovo e diverso a fenomeni che, in questa nuova ottica, possono configurarsi come risorse di primaria importanza»4.
Bisogna imparare a valorizzare le risorse disponibili, pur tenendo presenti i punti di debolezza. Soprattutto, occorrerà assumere l’impegno di accompagnare, per quel che sarà possibile, la crescita interna del contesto di prossimità, avendo attenzione a stimolare e promuovere tra le persone adeguati livelli di “qualità relazionale”. Queste realtà son da vedere non solo come degli eventuali alleati nel lavoro di prossimità ma anche come parte importante dei beneficiari delle nostre azioni, il cui benessere deve essere posto al centro di obiettivi e programmi.
L’obiettivo, come affermato in precedenza, è favorire un intreccio di legami (liberi, liberati e liberanti) che permetta di configurare una sorta di “rete parentale sociale” nella quale siano possibili fiducia e aiuto reciproco, fino a dar forma a quelli che abbiamo chiamato “nuovi cortili”, ovvero spazi di responsabilità e di quotidianità condivisa protesa verso il benessere proprio e degli altri. A tal fine, occorre impegnarsi ad offrire le condizioni che permettano sia di far innescare e approfondire le relazioni tra le persone, sia che facciano della prossimità quotidiana un rinnovato spazio di incontro tra le persone, le famiglie, i gruppi, la collettività tutta.
Editing dell’articolo a cura di Monica Vacca
Note:
1. Lettera ai Galati, capitolo 6, versetto 2.
2. Lavanco Gioacchino, Novara Cinzia, Elementi di psicologia di comunità, Progettare, attuare e partecipare il cambiamento sociale, McGraw-Hill, Milano, 2012, p. 47.
3. Ferrario Franca, Il lavoro di rete nel servizio sociale. Gli operatori fra solidarietà e istituzioni, Carocci, Roma, 1998, pp. 117-122.
4. Martini Elvio Raffaello, Sequi Roberto, La comunità locale, Approcci teorici e criteri di intervento, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995, p. 77.
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