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Difendersi dal mobbing: 4 strategie per l’Assistente Sociale
Come l’Assistente Sociale può reagire al mobbing. Prevenire è meglio che curare. Informazione e formazione. Empowerment e autodifesa verbale.
Difendersi dal mobbing è possibile
Non esistono indicazioni precise, ogni situazione di mobbing è unica nel suo genere, ma ci sono alcune norme generali di comportamento che possiamo provare ad utilizzare. In Italia le dimensioni del problema non sono ancora così evidenti: il primo passo è proprio l’informazione e la formazione. È necessario che l’Assistente Sociale coinvolto, non si trovi da solo a lottare contro un gruppo coalizzato: isolarsi non è la soluzione, trovare degli alleati può servire.
«La paura del fenomeno e i danni che gli sono connessi, si riducono quando si conosce ciò che si affronta»
Come reagire al mobbing
Non esistono formule magiche che liberino dal mobbing. È anzitutto necessario fare una puntuale e attenta analisi del fenomeno. Conoscerne le caratteristiche e le motivazioni che hanno portato al mobbing, affinché la reazione possa essere funzionale e non peggiorativa della situazione.
Prevenire è meglio che curare
È chiaro che attuare una valida opera di prevenzione è di gran lunga il primo e miglior passo per affrontare il fenomeno. Per evitare situazioni di mobbing il datore di lavoro dovrebbe introdurre strumenti preventivi: stipula di accordi, codici di condotta, corretta informazione.
Informare è la prima modalità che consente di far prendere coscienza dei danni che il mobbing può provocare, in modo da riconoscere il fenomeno. Infatti, la paura di un fenomeno e i danni che gli sono connessi, si riducono quando si conosce ciò che si affronta.
L’informazione deve essere accompagnata da una buona formazione. Il fine ultimo deve essere quello di prevenire, curare, assistere e intervenire sul mobbing, in modo che questo causi il minor danno possibile.
Chi formare?
La formazione deve essere indirizzata a tutti i livelli:
aziendale, con specifiche modalità formative di gestione del conflitto e del mobbing;
professionale, rivolgendosi a quegli operatori che sono i primi punti di riferimento a cui si rivolge una persona con problemi di lavoro;
individuale, rivolta alle singole persone, mobbizzate o meno, e mirata a rinsaldare i principi dell’autostima.
Il mezzo più efficace
Come dimostrano alcune ricerche, le aziende che hanno formato i loro dipendenti e collaboratori, attraverso seminari sul mobbing, hanno ottenuto un enorme vantaggio in termini di soddisfazione sul lavoro e riduzione di costi aggiuntivi del personale (Ege, 1998).
La conoscenza del mobbing deve essere diffusa ad ogni livello gerarchico delle organizzazioni, e le aziende dovrebbero essere dotate di figure professionali in grado di mediare le situazioni di conflitto (Ascenzi e Bergagio, 2000).
Considerato che all’interno della nostra legislazione non vige ancora una norma specifica antimobbing, la prevenzione sembra essere il mezzo più efficace. Sensibilizzando il lavoratore, il datore di lavoro e l’intera società, si possono far conoscere le reali ripercussioni negative del fenomeno, in modo da esortare le persone a starne lontani.
Come la vittima può difendersi
Identificare subito la situazione e prenderne le distanze, senza cadere nella trappola dei sensi di colpa, è il primo passo. Bisogna acquisire maggiore autostima. Harald Ege sottolinea come un’adeguata autodifesa verbale, basata su frasi ferme e dirette a rispondere in maniera specifica e circoscritta, senza trascendere, alle accuse che vengono mosse in modo più o meno diretto, può essere una strategia vincente.
È fondamentale non vergognarsi e soprattutto non isolarsi. Sarebbe molto utile cercare degli alleati, ma è forse la cosa più difficile. I colleghi, infatti, si ritirano in disparte per evitare che il mobbing possa estendersi anche a loro. Spesso sono essi stessi i mobbers.
Infine, per impedire che le azioni vessatorie indeboliscano il lavoratore, è utile fare ricorso ad associazioni che si occupano di prevenire e fronteggiare situazioni di mobbing sul lavoro, come, ad esempio, i sindacati e gli sportelli di ascolto e aiuto. (Favretto, 2005).
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Se sei interessato a raccontare la tua esperienza o le tue riflessioni di assistente sociale siamo lieti di pubblicare un tuo articolo sul nostro blog. Per maggiori informazioni contatta la dott.ssa Serena Vitale (redazioneblog@progettofamiglia.org)